Titolo: "Questione di fortuna";
Autore: bizzuvonpp;
Genere: funny;
Trama:
Cap: [1 - 2] ; [3] ; [4] ; [5 - 6] ; [7] ; [8] ; [9] ; [10] ; [11]
Allora allora...
Della distribuzione di pomodori se ne occuperà la mia amica Roberta, per gli altri ortaggi da buttarmi addosso, rivolgersi alla "Bancarella di Dino".
Spero di non provocarvi effetti collaterali postando questa ff (la prima) che ho scritto durante l'estte 2008 (la scorsa per farla breve XD).
Grazie in anticipo.
Bizzu.
QUESTIONE DI FORTUNA.
Capitolo 1
Sì!… CERTO!… Beh... Forse… Ok, no. Non l’avrei fatto nemmeno se ne avessi avuto la possibilità! Sono una codarda, una mocciosa che si preoccupa solo di comprare vestiti nuovi ogni settimana e che non avrà mai il fegato di salvare nessuno… Nemmeno una mosca! Infatti è così: nemmeno una mosca! Io non le sopporto le mosche, le odio... E odiare qualcuno, significa volerlo vedere morto… E come si fa a salvare la vita di un essere vivente che vorresti vedere morto??? Bah… Ecco, sono tornata alla questione principale: sono una codarda! T.T Uffa… Riesco solo a preoccuparmi di come dimagrire le gambe grassottelle che mi ritrovo, e, purtroppo, senza alcun risultato… Quella sera sono rimasta shockata, e non ho potuto fare niente per quel povero ragazzo… Povero poi, non penso proprio… Chissà cosa avrà fatto per meritare tutto quello! Ma adesso vi spiego dall’inizio…
Era stata una giornata molto pesante e deprimente, potevo sentire il calore “lanciarsi di peso” sulla mia pelle. Era sabato mattina, ma non un sabato mattina qualunque, no, non quel sabato mattina. Non solo perché mamma era rimasta a casa e non mi aveva lasciata da sola a lavare casa (cosa che facevo da poche settimane, e, per chiarirci, solo per i soldi che mi fruttava), anche perché quel giorno ero completamente immersa nei miei pensieri e mi sentivo- letteralmente- una sacco di patate buttato su una stradina sperduta in un altrettanto paesino sperduto. Nell’aria quel sabato c’era un certo non so che… Tipo… Tipo niente, se si chiama non so che, ci sarà un motivo, o mi sbaglio???
Vabbè andiamo al punto: quel giorno non ero tranquilla. La mia mente era irrequieta, mentre il mio corpo era stanco e pesante, come se la forza di gravità avesse deciso all’improvviso di aumentare. Forse per un calo di pressione, o forse più semplicemente per il sonno, ogni volta che mi alzavo dal salotto o dal letto, sentivo tutte le mie energie andarsene e abbandonarmi in un mondo buio e desolato.
Pochi giorni prima ero andata dalla mia dottoressa, insieme a due mie amiche, Serena e Roberta, per consegnarle i risultati degli esami del sangue, che avevo fatto perché in quel periodo non ero al massimo della salute fisica e, a dirla tutta, nemmeno mentale. Dopo avermi fissata per circa cinque minuti con aria "pensierosa", la dottoressa mi chiese il numero di cellulare di mio padre, dicendo che anche se mio padre glielo aveva già dato, lei aveva dimenticato di appuntarlo sul computer. Certo, il fatto che lei volesse il numero di cellulare di mio padre non era molto rassicurante, ma non avrei mai pensato che cosa sarebbe successo nei mesi successivi. E come avrei potuto? La grande abilità dell’ immaginazione non rientra nelle mie doti. Uscite dallo studio medico, io, Roberta e Serena, pensammo notte e giorno alle parole della dottoressa:
-Azzurra… hai ancora l’ anemia…- Fece una grande pausa -Come mai? Vabbè non ti preoccupare, basta che continui la cura, sei ancora in tempo.-
…Ma… in tempo per cosa? Non ebbi il coraggio di chiederglielo… Non capii quella frase, ma riferii tutto ai miei genitori che mi guardavano con aria preoccupata.
Tornando a quel sabato mattina, erano appena passate le undici, quando mia madre ricevette una telefonata sul cellulare e contemporaneamente squillò il telefono di casa. Mi precipitai a rispondere al telefono di casa, e quindi non potei ascoltare la conversazione di mia madre. Non che la cosa mi interessasse, ma se avessi saputo ciò che sarebbe accaduto dopo quella telefonata, sono sicura che avrei, addirittura, staccato il telefono di casa per sentirla. Risposi al telefono di casa quasi incerta, perché concentrata sulla strana conversazione telefonica di mamma, e poi riconobbi la voce di Serena:
-pronto? Azzu, ci sei?? Oi?-
Dopo poco mi destai dalle mie fantasie e tornai in me:
-scusa Sere, stavo pensando ad altro…-
Fui interrotta da un:
-quando mai, in questo periodo sei proprio diversa-
Infatti. Ormai se ne erano accorte anche le mie amiche… e come non avrebbero potuto? Erano mie amiche, no??? Le amiche, quelle vere, sono come delle sorelle, e capiscono immediatamente se qualcosa non va. Dopo un breve silenzio Serena riprese:
-Allora, stasera che cosa si fa?-
-Boh, non ne ho idea, però non ho proprio voglia di uscire…-
Eh si, il mio stato d’animo non era un gran che, e forse stava contagiando anche la mia amica che rispose:
-Ah-
Me ne accorsi e cercai di rimediare:
-Perché, tu siii?-
Esclamai con una finta voce allegra e sorpresa.
-Eh sì, non ci crederai, visto che di solito ti faccio compagnia il sabato sera perché mi scoccio ad uscire, ma è da tanto che non usciamo! Comunqueee, lo sai che ho una “news” sui TH???-
Ecco, ci mancavano solo loro: il mio tormento ormai da quasi un anno… I Tokio Hotel erano la band rivelazione dell’anno che proveniva dalla Germania ed era formata da quattro bei ragazzi: il più grande e muscoloso, il bassista, Georg Listing; poi quello tenero e sensibile, il batterista Gustav Schaefer; il più simpatico e meno innocente, il chitarrista Tom Kaulitz; ed infine, ma non per importanza, il cantante estroverso e originale del gruppo, Bill Kaulitz, il gemello di Tom. Il gruppo, molto affiatato e di gran talento, non era nato “a tavolino”, come molti potevano pensare, infatti a parte i gemelli, che essendo fratelli, -ovviamente- si conoscevano già, i quattro ragazzi si erano conosciuti durante un’esibizione in un locale di Magdeburgo,e avevano stretto subito una sincera amicizia. Le loro età andavano dai 19 ai 21 anni, e a dir la verità, questo non era affatto un problema per le numerose adolescenti che li seguivano e li sognavano ogni notte.
-Wow! Davvero? Dai, dimmi tutto!-
-Ecco, non so esattamente con quali parole dirtelo…-
-Okay, allora la cosa è seria: tu senza parole?!? Che c’è, qualcuno di loro si è fidanzato?? O si trasferiscono in America?? O addirittura stanno per morire???? Dai, non mi fare stare sulle spine! Ormai mi sono seduta, e non credo di poter cadere dal letto ascoltando questa notizia bomba, quindi…-
Eh sì, più i secondi passavano, più cresceva l’agitazione dentro me, perché si sa che quando si tratta dei Tokio Hotel, la parola agitazione è la parola perfetta per descrivere il momento!
-A-llo-ra, te lo di-co con moo-lta ca-a-lma… FARANNOUNCONCERTOAROMAETUVERRAICONME,CONOSENZAPERMESSODEITUOIGENITORI!!!-
Alla faccia della calma! Serena fu un uragano nel dire quelle parole! Quelle stesse parole che mi fecero girare immediatamente la testa, e che pesarono come un macigno. Sapevo che nemmeno un miracolo avrebbe fatto accettare ai miei genitori di mandarmi ad un concerto dei “Toko Ostello” , come li chiamava mia madre. E la cosa che più mi sbalordiva era che Serena era
convinta che io sarei andata al concerto, anche a costo di scappare di casa! Lei sapeva perfettamente che se fossi scappata di casa poi non ci sarei più potuta entrare! O se ci fossi entrata, non ne sarei uscita viva. Glielo avevo già spiegato un miliardo di volte, anche la sera dell’ultimo loro concerto a Roma, che non sarei potuta andare a nessun concerto. Ormai quella parola era diventata un tabù con i miei genitori. Come se ci fossero argomenti da trattare con loro poi... Il mio rapporto con i miei era stato accettabile fino ai 9 anni, se non erro, ma dalla quinta elementare in poi iniziai ad avere problemi con loro e con la loro visione del mondo…
-Non puoi uscire da sola!-
Continuarono a ripetere fino all’inverno della terza media, quando finalmente capirono che non potevo restare bloccata in quella prigione che loro osavano definire “casa”, che al contrario per me era un bunker, o meglio un labirinto senza uscita, che nemmeno il fantasma di Icaro (il famoso architetto greco) mi avrebbe potuto aiutare a evadere. Ma dopo aver ottenuto- con tanta fatica ed occhioni dolci- il permesso di uscire, sentii molto più spesso di prima il rimbombare della parola che odio di più al mondo: N-O! Qualsiasi cosa chiedessi, da una giornata tra amiche al mare, ad un concerto, loro non si stancavano mai di ripetere e ripetere fino al vomito quella parola. Quella parola che io, odio ammetterlo e ricordarlo, ripetei a Serena dopo un lunghissimo silenzio:
-No.-
Fatemi sapere se avete avuto problemi di stomaco dopo aver letto il capitolo!
Comunque il titolo originale è "questione di popò" XD.
Bizzu.
Edited by bizzuvonpp - 15/4/2009, 16:42