Grazie raghe...Scusate il ritardo, ma capite... Le versioni di latino e greco sono massacranti -.-. Comunque, per farmi perdonare eccovi due chappy ^^
Spero piacciano anche questi qui
Allora, voglio darvi un piccolo consiglio, per il chappy n 3 ascoltatevi pr sottofondo Complicate di Avril Lavigne, rende di più X°°
Ma adesso bando alle ciance
2
Il primo mese di scuola volò in un batter d’occhio.
Amily aveva imparato a controllare le crisi isteriche con Eleonor e ciò era una vera vittoria per lei.
L’unico con cui non riusciva proprio ad istaurare un discorso era Tom Kaulitz, il rasta boy.
Lui era sempre alla ricerca di ragazze, e lei era troppo timida per rivolgergli come se niente fosse la parola. Era molto carino, anche simpatico, le sarebbe piaciuto conoscerlo meglio, diventare sua amica.
-Buongiorno ragazzi!- la professoressa di educazione fisica sembrava una comandante dell’esercito militare.
Firmò velocemente il registro e portò i ragazzi in palestra.
-Qui c’è il pallone di pallavolo e quello da calcio…- lanciò loro i palloni e prese a compilare il registro di classe.
La moretta si accomodò in un angolino della palestra canticchiando, guardando i suoi compagni giocare, erano una frana a pallavolo e il calcio proprio non le andava giù.
-Come mai sei sola?- si voltò di scatto, rimase quasi impietrita appena vide il viso angelico del rasta vicino a lei.
-Non mi piace il calcio e le altre non sanno giocare per niente a pallavolo- rispose poggiando il mento sulle ginocchia.
-Finalmente ho trovato qualcuno che la pensa come me…- le disse sedendosi al suo fianco, da vicino era ancora più bello, aveva un viso così delicato e dolce, sembrava un angelo, le sorrise.
Amy ricambiò il sorriso -…Sai giocare a basket?- gli chiese sperando un sì.
-Me la cavo…-
-Giochiamo?- propose lei alzandosi da terra, porgendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi.
-Sei la prima ragazza che mi chiede di giocare a basket- si sorrisero, Amy arrossì appena, sembrava molto dolce. Prese un pallone arancione e si posizionarono a centro campo.
Al via del rasta cominciarono a giocare, sembravano uguali, tutti e due con gli stessi abiti.
Tom si trovò per la prima volta in difficoltà contro una ragazza, era brava, doveva essere ben allenata, era molto agile anche se non sembrava proprio.
Gli bastò una piccola distrazione e la mora fece canestro lasciando il rasta con la mandibola leggermente abbassata, aveva talento.
-Sei brava- le disse sorridendole, la vide arrossire, forse per il complimento, forse per il caldo perché era stata in movimento.
Amy cominciò a sentire caldo, non voleva levarsi la felpa, si vergognava a far vedere le sue forme, quelle della sua classe erano tutte magre quasi anoressiche e lei era l’unica ad essere più formosa rispetto alle altre.
Decise di legarsi i capelli in una coda alta e di alzarsi le maniche dell’enorme felpa nera della Lee.
-Mi concedi una rivincita?- le chiese Tom, sorrise, gli porse il pallone.
-Inizia tu…- si riposizionarono a centro campo, al via della mora cominciarono a giocare. Amy pensò che se avesse avuto la sua tuta da basket avrebbe potuto giocare di gran lunga meglio, con i suoi jeans giganteschi faticava a correre.
Giocarono per buona parte della lezione, finchè il rasta non cadde a terra stremato e sudato, era impossibile stare dietro ad Amy, era davvero brava.
-Stanco?- gli chiese sedendosi vicino a lui, era sudata anche lei, ma di levarsi quella felpa non se ne parlava, la guardò di sottecchi, non capiva il perché.
-Complimenti sei brava! Sei la prima ragazza che mi batte a basket- si asciugò il sudore.
-Devo andarne orgogliosa?- si portò una mano davanti la bocca, coprendosi l’apparecchio ai denti. Aveva un bel sorriso, perché lo copriva?
-Perché ti copri il sorriso?- le chiese ingenuamente, portava l’apparecchio ai denti, questo si, ma non vedeva il perché doveva coprirlo, aveva un sorriso solare, non c’era motivo di nasconderlo.
-Perché ho un sorriso orrendo- abbassò lo sguardo sul pavimento della palestra –Io sono orrenda- ribadì a sua volta.
-Non sei brutta- le disse aggrottando la fonte imperlata dal sudore.
-Hai mai visto una ragazza?- il rasta si limitò ad annuire confuso –Appunto io non sono per niente carina- non le rispose, capì solo era molto testarda.
Non era brutta, era molto carina, se non fosse stato per il suo essere così mascolina ci avrebbe fatto un pensierino.
Gli stava simpatica, magari con la scusa del basket si sarebbero conosciuti meglio, chissà magari non era poi così rozza come sembrava.
-Magari un giorno mi insegni a giocare meglio- le disse cercando di spezzare quel silenzio imbarazzante che si era creato.
-Tu sai già giocare, io sono più allenata perché gioco da un bel po’…- si chiese perché non si levava quell’enorme felpa dato che stava sudando tantissimo nonostante avesse i capelli legati.
-Dove giochi?- le domandò, magari sarebbe venuto a vederla.
-Qui a scuola, insieme a mio fratello faccio i corsi pomeridiani…- si sistemò la fascia nera sulla fronte, così da riuscire a gestire qualche ciuffo ribelle, lasciò le orecchie scoperte, Tom non potè fare a meno di notare tutti gli orecchini che le ornavano le orecchie, ce ne erano di tutti i tipi, piccoli, tribali, di metallo, di legno e così via.
-Quindi giochi con quelli più grandi di te- capito perché era così brava, di sicuro dovendosi scontrare con i più grandi doveva essere parecchio forte in campo.
-Si, io sono la più piccola del mio gruppo, e la più goffa…- abbozzò un enorme sorriso, senza mostrare i denti però, ripensò a tutte le cadute più assurde e Mark che ogni volta l’aiutava a rimettersi in piedi. Piccole cose che le riempivano il cuore, soprattutto quando ogni volta che si incontravano le baciava una guancia.
Le seguì sorridendo, non era molto modesta, e questo lo aveva capito benissimo
-Magari qualche pomeriggio vengo a vederti- le disse, di solito questo dovrebbe fare piacere ad una persona, ma si sa che Amy è lo stravolgimento della natura umana in persona. S’irrigidì a quelle parole, sorrise nervosamente.
-Quando vuoi tu…- continuò a tenere un sorrisino tirato, no, si vergognava a farsi vedere in tuta, da Tom poi, detestava il suo fisico e detestava qualsiasi cosa lo mettesse in risalto, infatti ogni estate era un dramma mettersi in costume.
-Porto anche mio fratello- benissimo, si aggiungeva anche il fratello.
-Hai un fratello?- cambiò discorso, magari si sarebbe scordato di venire a vederla.
-Si, siamo gemelli…- disse vagamente, certo che era uno strazio, era nella stessa classe e si stavano parlando dopo un mese.
-Wow…Bello…Io ho due fratelli…- fece un lieve smorfia ripensando ai litigi mattutini con Francesco per il bagno. Tom sembrò realizzare il perché di quello stile così rozzo per una ragazza, di sicuro crescendo insieme ai maschi aveva adottato questo stile qui. Anche il carattere era diverso dalle ragazze comuni, era molto confidenziale, e non si scandalizzava davanti ad un linguaggio scurrile. Non sapeva perché, ma sentiva che Amy aveva qualcosa in più rispetto alle altre.
-Più grandi?- domandò guardandola dritta in quei pozzi azzurri, lui era ad occhio e croce dieci centimetri più alto.
-Uno più grande e uno più piccolo…Anche se spesso mi chiedo chi sia veramente il più piccolo- sorrise appena lo disse, Francesco spesso la lasciava straziata davanti a dai comportamenti che facevano concorrenza ai bimbi dell’asilo, e Lillo era decisamente più maturo di lui che aveva tredici anni.
Tom ridacchiò, le cose dette da Amy con quell’accento così particolare, diventavano divertentissime, riusciva a farsi volere subito bene, anche solo sorridendo.
-E ritornando al basket…- bene, non lo aveva dimenticato, era spacciata.
-Si?- più naturale possibile, il giorno che sarebbe venuto a vederla si sarebbe messa un tuta super coprente, anche se Anthony le avrebbe fatto un mazzo tanto.
-Avevi detto che sapevi giocare anche a pallavolo…- disse guardandola curioso, oh si la pallavolo, sua mamma le aveva insegnato a giocarci, Viky era bravissima, la più brava dell’istituto in cui studiava, insieme ad una sua amica che le piaceva spesso nominare, Simone se non si sbagliava, parlava sempre di lei.
-Oh, si, si, mia mamma ha insegnato a giocare a me e a mio fratello…- Tom pensò che anche sua madre era molto brava a giocare a pallavolo, di sicuro doveva essere stata una coincidenza.
-Wow, sai fare un sacco di cose- le disse sognante, beh si, modestia a parte prendeva la professione di sorellina tutto fare, a parte le pulizie a casa, a quelle ci pensava solo e soltanto sua mamma.
Ehhh Tom, e ancora non mi conosci veramente, pensò sorridendo compiaciuta –Saprò stupirti…- lo vide inarcare un sopracciglio sarcastico, era davvero bello, quegli occhietti sbarazzini, ti dicevano tutto e niente.
-Attendo di essere stupito allora…- le sorrise maliziosamente,raccolse la sua felpa che aveva lanciato per terra dopo aver iniziato a giocare con la mora.
-Ragazzi tutti in classe!- ordinò il comandante dell’esercito (professoressa), riprese tutti i palloni chiudendoli dentro un armadio in metallo. Li condusse fuori dalla palestra, verso la classe.
Tom non faceva che guardare la moretta di sottecchi, quel rossore alle guance era davvero invitante, cominciò ad immaginare il suo pensierino su di lei, dove un bacio vero ci stava più che bene.
Qualcuno lassù aveva avverato un suo piccolo desiderio, finalmente era riuscita a parlare con Tom, non sembrava così malizioso come dava a vedere, era carinissimo poi, anche se per lei continuava ad esistere solo Mark, Tom era solo un amico.
Appena entrò in classe si precipitò sulla finestra, spalancando le ante,stava seriamente morendo di caldo, ma si vergognava troppo senza la felpa, avrebbe resistito, certo che avrebbe resistito, il suo Maestro le aveva imparato a resistere a torture peggiori, come stare per tre ore intere a testa in giù con un piede legato ad una fune e la vescica che stava per esplodere, al solo pensiero rabbrividì, quella volta l’aveva punita per i troppi errori e la troppa distrazione, o quando le fece prendere a pugni quel maledetto fagotto pieno di sassi, rimase con le mani fracassate per mesi. E poi
aveva resistito due intere settimane senza Nutella in casa e non doveva resistere in quel momento.
C’era anche da dire che aggiunto al caldo c’era anche la sua claustrofobia che alcune volte aveva il sopravvento su di lei.
-Hai caldo?- le chiese il rasta sistemandosi lo zaino.
-No… cioè…un po’ ma più che altro soffro di claustrofobia- il rasta sollevò le sopracciglia in segno di approvazione, sedendosi poi al suo posto. Sarebbe rimasta in piedi finchè il professore non sarebbe rientrato, o avrebbe rischiato il collasso. Solo quando Collins entrò in classe si accomodò con dispiacere vicino ad Eleonor che non fece altro che darle gomitate sussurrandole “Hai fatto colpo eh?”, se non avesse smesso le avrebbe mollato un ceffone di quelli micidiali.
-Ragazze volete renderci partecipi della vostra conversazione?- le richiamò il professore di storia dell’arte, Amy guardò in cagnesco la rossa, poi ritornò a guardare intimorita il professore.
-Ci scusi prof, e che non avevo capito una cosa…- mentì, in un mese di scuola era sempre stata lei a parare le chiappe a quella nulla facente prendendosi spesso le colpe lei.
-Speriamo di avere altre interruzioni…Allora, come stavo dicendo…- Amy si voltò verso Eleonor, le sue palpebre divennero due fessure, la fulminò, questo era troppo.
3
I due gemelli aspettavano l’autobus sotto una casetta vicino casa loro. Sopra vi erano scritte di tutti i tipi e tutti i colori.
-Quando diamine arriva?- imprecava il moretto torturandosi le pellicine delle mani.
-Perché questa fretta?- gli chiese il rasta, fresco e sodo come sempre.
-Io avrei un compito e non vorrei essere richiamato nuovamente per i ritardi… mannaggia a chi ha inventato la scuola- urlò persino in falsetto,
-Carlo Magno non poteva farsi i fatti suoi…- si voltarono entrambi appena sentirono una voce femminile intromettersi, il viso del rasta si illuminò.
-Amy!- la mora li salutò facendo un cenno con la mano, quella mattina aveva i capelli completamente sciolti, senza fascia, una felpa nera con delle scritte colorate, i suoi soliti jeans larghi, strappati e toppati e un paio di scarponi giganteschi -E’ stato Carlo Magno?- le domandò-
-Si… Che poi non sapeva neanche leggere e scrivere, ma dato che amava la cultura inventò le scuole…- mentre parlava si atteggiava da presentatrice di documentari storici.
-Comunque lui è mio fratello Bill- il moretto le sorrise, era davvero carina.
-Piacere Amy!- fece un secondo cenno con la mano destra, ricoperta di bracciali tribali –Il tuo gemello?- i due annuirono –Che figata…Siete due gocce d’acqua in viso- guardò gli occhi Bill, erano contornati di nero, non si stupì più di tanto, le piacevano i ragazzi stravaganti.
-Tu sei figlia unica?- le chiese il moro.
-No… Ho un fratello più grande Francesco, Franky per gli amici, e uno più piccolo di otto anni, Lillo!- disse come se fosse il nome più ovvio in questo mondo.
-Lillo?!- dissero all’unisono, la pronuncia era totalmente diversa da quella di Amy, più buffa, le scappò da ridere.
-Daniele, io lo chiamo Lillo- quegli occhi color giaccio, il suo accento così particolare, se non fosse stato per l’essere troppo maschiaccio, anche Bill ci avrebbe fatto un pensierino, Tom parlava sempre di lei, gliela aveva descritta dicendo che fosse carina, ma adesso poteva constatare che Amily era molto carina.
-Aspetti con noi?- le chiese Bill sorridendole radioso, certo che anche lui era bellissimo, erano tutti e due di una bellezza sconvolgente, non capiva perché dovevano prenderli in giro.
-Si, tanto ormai, saremo di sicuro in ritardo…- disse rassegnata, in effetti la campana della scuola suonava alle otto precise ed erano già le otto e cinque passate.
L’unico ad andarci fregato era come al solito il povero Bill, lui aveva un compito, mentre Tom e Amy avevano musica, e la loro prof era peggio di loro in quanto a ritardi.
Tom notò lo sguardo semi disperato del fratello –Dai, guarda il lato positivo, ti salti il compito…- gli diede una pacca sulla spalla sorridendo beffardo, in effetti non aveva tutti i torti, dopo tutto non aveva nemmeno ripassato benissimo quindi, e anche se avessero provato a rimproverarlo non era di certo colpa sua se l’autobus era sempre in ritardo.
-Vabbè ormai…- disse rassegnato, sorrise alla ragazza.
-In che sezione vai tu?- gli chiese la mora, giocherellando col lembo della sua felpa.
-Nella ^C…- rispose, lui e Tom vennero divisi tempo fa, insieme facevano più confusione di una mandria di bufali, Bill era in classe con Andreas, il loro migliore amico.
-Quindi sei in classe con Lucy?- gli domandò sorridendo contenta, Lucy era la sua amica non vedente che abitava sotto casa sua. Le aveva sempre imparato un sacco di cose, le imparò a leggere il breil, la scrittura dei non vedenti, le imparò a suonare qualcosa col pianoforte tenendo gli occhi chiusi. Sorrise, anche lei l’aveva aiutata a superare il problema della vista, non glielo faceva pesare, ricordò quella volta che di nascosto la portò al parco perché la madre di Lucy non voleva che sua figlia uscisse, e non avrebbe dimenticato mai la felicità dell’amica quando potè sentire l’erba sotto i piedi.
-Si, si la ragazza non vedente- rispose pronto lui, il primo giorno che la vide non riusciva a capire perché non lo guardasse quasi mai in viso quando le parlasse, ed era rimasto di stucco quando capì che i suoi occhi color cielo non funzionavano –Come la conosci?- le chiese.
-Siamo molto amiche, e abita sotto casa mia- videro l’autobus fermarsi davanti a loro, salirono accomodandosi agli ultimi posti.
***
La professoressa di musica era la prof più fuori di testa che si potesse avere.
Era vestita con un abitino stile anni 80, dei tacchi che facevano male solo a guardarli, i capelli talmente biondi che facevano bruciare gli occhi quando si guardavano. Una donna così…Tirata, a soli cinquant’anni.
Nonostante Amy e Tom avessero ritardato di un quarto d’ora, lei era arrivata dopo mezz’ora con tutta la tranquillità possibile -Che sbadata, ho dimenticato il registro…- e quando mai -…Mmm…Amy vai a prenderlo!- la mora si alzò dalla sedia scricchiolante e uscì dall’aula.
-Posso accompagnarla?- impossibile non riconoscere la vocina di Tom, sempre il primo ad offrirsi quando c’era da uscire fuori dall’aula.
-Si…Vai…- gli rispose seccata la prof, non lo guardò nemmeno in viso. Cominciò a correre per quanto i suoi jeans glielo permettessero.
-Amy aspetta!- la mora si voltò verso il rasta, rimase a fissarle quei pozzi azzurri, sembravano infiniti, così splendenti e luccicanti come diamanti, ti dicevano tutto e niente.
-Scusa non ti avevo sentito…- gli sorrise, era così semplice.
Raggiunsero la segreteria, era strapiena di persone: c’erano professori, alunni ripetenti, segretari…Tom ed Amy si misero in fila.
-Wow, nemmeno stessero distribuendo gli stipendi- disse la mora facendo sorridere il rasta, sempre la battuta pronta.
-Mi sa che ci passiamo tutta l’ora qui…- sbuffò il biondino, in effetti non aveva tutti i torti, c’era troppa gente.
-Hai ragione…- sospirò -…Infatti noi scavalchiamo la fila- disse tirandolo per la maglia.
-Tu dici?- le domandò titubante, la vedeva fin troppo sicura per certi versi.
-E si, se no rimaniamo qui fino a questa sera- lo prese per il polso trascinandolo con sé –Ehm…Permesso…Grazie…- le persone li spingevano indietro ogni volta che provavano a superarle –Mi scusi, noi dovremmo prendere…-
-Fai il turno come tutti!- le urlò una ragazza, sicuramente ripetente, non capiva perché ci fossero tutti quei ripetenti li dentro. Fece un respiro profondo, facendo alzare qualche ciuffo di capelli.
-E va bene…Seguimi…- si chinò per terra, e cominciò a gattonare fra le gambe di tutti, Tom la seguì ridendo come un matto, era proprio incredibile, mai che si desse per vinta.
Forse non era stata una pensata molto astuta, specialmente quando doveva passare sotto le vecchie prof rimbambite con la gonna sopra il ginocchio, uno spettacolo tremendo.
Dopo calci, spinte e urla varie, riuscirono a raggiungere il bancone della segreteria. Si rimisero in piedi, spolverandosi jeans e maglietta, si guardarono complici, ridendo come matti.
-Mi scusi…- disse Amy interrompendo una lite fra una vecchia esaurita e il segretario -…Potrebbe darmi il registro della professoressa He…- non riuscì a finire la frase che un ragazzo, con una stazza tre volte la sua, probabilmente ripetente, la spinse facendola cadere fra le braccia del rasta.
-Tutto bene?- le domandò preoccupato il biondino
-Si, ora mi sente- si rimise in posizione eretta, ma si sentì afferrare per un polso.
-Sei matta, è tre volte più grande di te- sembrava preoccupato dalla sua audacia, adesso lo avrebbe stupito.
-Guarda, e impara- si avvicinò al bestione che prima l’aveva quasi scaraventata per terra, urlava come un matto, lo punzecchiò con un dito.
-E tu che vuoi?- le ringhiò.
–Scusami, ma c’ero prima io…- cercò di essere gentile e cortese non si sapeva mai, la gentilezza non aveva mia ucciso nessuno, glielo ripeteva sempre la sua vicina di casa dicendole che le gentilezze sono fondamentali in una donna, non che lei si sentisse chissà chi, ma per una volta voleva evitare di essere scorbutica.
-E che cosa vuoi da me?- le domandò seccato, come se lo avesse addirittura disturbato, riprese a lamentarsi verso il segretario che tentava di tenerlo a bada.
Lo guardò accigliata, al diavolo la gentilezza, certuni sembrava farglielo apposta. Tom la fissava spaventato, era fin troppo audace e quel bestione era fin troppo su di giri.
Amy lo spintonò a sua volta –Mi scusi, il registro della professoressa Herzl…- sovrastò la voce del pel di carota che urlava, quel povero segretario era sull’orlo di una crisi di nervi, non sapeva più a chi dar retta.
-Ma vuoi levarti dalle scatole?!- le urlò in faccia, gesto che la fece alterare ancora di più.
-Devo prendere il registro!- ringhiò lei, lo fulminò col suo sguardo di ghiaccio.
-Non m’importa minimamente di quello che devi fare tu…- le poggiò una mano sulla schiena cercando invano di allontanarla da sé -…Vedi di sloggiare prima che…- la fece girare mollandole una pacca sul sedere.
Non gli diede nemmeno il tempo di allontanare la mano incriminata dal suo fondo schiena, lo afferrò per il braccio, glielo attorcigliò dietro la schiena e lo fece distendere col viso appiccicato sul bancone.
Ci fu un silenzio tombale in quel minuti, tutti rimasero a bocca aperta, Tom compreso, aveva gli occhi che a poco sarebbero usciti fuori dalle orbite.
-Adesso potrei avere il registro della professoressa Herzl? Grazie!- il segretario annuì spaventato, sparendo dietro un angolo.
-Ahi…- si lamentava il pel di carota sotto le sue mani, lo stringeva forte.
-Sta’ zitto- gli disse secca, sentì Tom ridacchiare divertito, un bestione sottomesso da una ragazza era uno spettacolo unico, impedibile. Il segretario ritornò col registro in mano, porgendolo alla mora.
-Ecco tieni- Tom prese in mano il registro e chiamò Amy, ancora intenta a tormentare il bestione sotto le sue mani.
-La prossima volta pensaci un paio di volte prima di toccarmi- gli disse aggressiva, lo lasciò dolorante sul bancone raggiungendo il rasta fuori dalla segreteria. In un primo momento si sentì un po’ in imbarazzo, ma lo guardo estasiato di Tom sembrò rincuorarla.
-Ma come hai fatto…Cioè…Sei stata fantastica prima, davvero- non stava più nella pelle, l’entusiasmo era palpabile, come un bambino che vede per la prima volta le giostre.
-Faccio judo da parecchio tempo…- gli occhi del biondino stavano per uscire fuori dalle orbite, quella ragazza era speciale, se lo sentiva, riusciva a stupirlo giorno dopo giorno.
Le venne da ridere vedendo la faccia di Tom, era così buffo –Puoi insegnarmi qualcosa, ti prego, puoi?- non gli scoppiò a ridere davanti per evitare di sembrare altezzosa, ma vederlo così esaltato le fece venir da ridere.
-Certo, non c’è problema…- scesero le scale con calma, Tom sembrava un cagnolino che seguiva ammaliato il suo padrone. Amy poggiò le dita affusolate sulla maniglia della porta, facendola abbassare lentamente.
-Alleluia vi eravate persi per caso?- domandò loro la prof parecchio irritata.
-Abbiamo avuto un leggero contrattempo…- tutti e due abbozzarono un sorriso complice, Tom poggiò il registro sulla cattedra e tornò al suo posto.
Amy si sedette continuando a sorridergli a distanza, tutto ad un tratto si sentì punzecchiare sulla spalla, si voltò, lo sguardo malizioso di Eleonor diceva tutto –Che avete fatto?- le diede una leggera gomitata, detestava quei comportamenti, come se come lei uscisse di casa col cartello appeso al collo “CERCASI URGENTEMENTE FIDANZATO”. Ok, anche lei era innamorata di Mark, ma solo di Mark, Tom era solo un suo nuovo amico e basta, nulla di più, Eleonor invece riusciva inspiegabilmente ad innamorarsi di dieci persone in contemporanea, e per Amy tutto ciò era insensato, dopo tutto non puoi nutrire lo stesso sentimento per due persone, no, non era concepibile per lei.
-Dio quanto sei maliziosa, ho quasi picchiato uno, contenta?- le rispose polemica, la fulminò col suo sguardo di ghiaccio, quegli occhi mettevano K.O. chiunque.
Vide il viso della rossa cambiare immediatamente espressione, sembrava traumatizzata in quel momento. La mora scosse il capo mandando gli occhi in cielo, nemmeno le avesse detto che si drogava.
-Allora…- cominciò la prof, sistemandosi i suoi giganteschi occhiali con montatura rosso fuoco e paillettes -…Voglio vedere un po’ come ve la cavate a cantare, vi chiamerò io secondo l’elenco- ok, adesso entrava nel panico più assoluto, se c’era una cosa che non sopportava era cantare in pubblico.
Si, aveva una voce che spaccava, avrebbe messo a tacere chiunque li dentro, ma si vergognava troppo, e l’ansia da prestazione la pervadeva, nemmeno sotto tortura avrebbe cantato.
Guardò l’orologio che portava al polso, la campana che segnava la fine dell’ora sarebbe suonata tra venti minuti, e lei era la decima dell’elenco, e dato che la canzone da intonare era L’Inno alla Gioia di Bethoween, quindi non prendeva molto tempo, doveva solo pregare che la campana suonasse prima.
-Albrecht…- Luis si alzò e si diresse alla cattedra, cominciando a strimpellare qualcosa fra le risatine di schermo degli altri. Si fece piccola, piccola, nascondendosi sotto il banco, e se avessero riso di lei?
E perché dovrebbero, aveva una bella voce, perché era convinta che non appena arrivata alla cattedra non sarebbe riuscita ad azzeccare mezza nota.
Per un attimo le venne da ridere per quanto fosse contrastante con se stessa, prima metteva a tappeto i ragazzi più grandi senza timore, e dopo si vergognava a cantare davanti ai suoi compagni di classe. Se a quest’ora Roby fosse stato accanto a lei, l’avrebbe letteralmente lanciata davanti a quella cattedra, obbligandola senza nessun diritto di replica a cantare davanti a tutti.
Nessuno azzeccava mezza nota, uno più stonato dell’altro, e tra non molto si sarebbe aggiunta anche lei.
-Della Ro…- rese grazie al Signore per aver anticipato la campanella di tre minuti -…Vabbè la prossima volta continueremo, arrivederci- la prof sparì dietro la porta. Fece un sospiro di sollievo, forse per quella volta Roby l’aveva ascoltata lassù. Si alzò dirigendosi verso il suo posto preferito, la finestra.
-Dove vai?- le chiese Eleonor, vedendola lievemente sudata.
-Nella mia adorata finestra, ho caldo- si sventolò le mani davanti al viso, aveva bisogno di aria come al solito. Aprì un po’ l’anta, il gelo di Novembre era tremendo li a Loitshe, mancava davvero poco a qualche grandinata.
Vide Tom venirle in contro –Peccato volevo sentire come stonavi…- le disse ridacchiando, gli mandò un occhiata alquanto maliziosa.
Poveretto, davvero non la conosceva bene.
Perfetto, voglio tanti commentini... E sempre da più personcine jaja
Grazie ancora.
Vi liebo.
Adelù