Solitude, Perchè a volte, i piccoli gesti...Valgono più di mille, grandi parole...

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Adza
icon12  view post Posted on 30/9/2009, 13:28




Titolo: Solitude
Autore: Adza
Genere: Romantico/Commedia/Triste
Raiting: PG:13/NC-17
Avvisi: Under-age erotica/ Lime/ Lemon/ Violence/ OOC/ Songfic/Angst
Note: Allora, questa è la prima fan fiction che posto e spero vi piaccia anche perché regna nel mio pc da tempo e l’ho riscritta non so più quante volte per farla venire come volevo io. Come potete capire, dal titolo mi sono ispirata alla canzone degli Evanescence, Solitude, e spesso vi consiglierò anche qualche brano con cui leggerla per sottofondo ^^.
Ok…Che dire più? Voglio tanti, tanti, tanti commenti e accetto anche le critiche, basta che ovviamente siano costruttive. Anche perché senza di essi, non penso che sarei molto motivata a postare.
Un bacio a tutte la vostra Adza <3
Cap:


I Tokio Hotel, e gli altri personaggi noti non mi appartengono. Tutto ciò che è narrato è solo frutto della mia fantasia e non ci guadagno mezzo euro.





Solitude







Prologo:




<p align="center">Solo tu, solo il vero.
Prova a capire che ti amo.









1


Amily Della Rocca aveva dieci anni, era in parte italiana di padre, e francese di madre, ma a causa del lavoro del padre dovette trasferirsi in Germania con la sua famiglia, dove ormai viveva da sei anni.
Era bassina, grassottella, capelli riccissimi domati da una fascia nera, occhi azzurri e profondi come il mare, ti dicevano tutto e niente, e un terribile apparecchio ai denti che odiava con tutta se stessa. Indossava dei vestiti troppo larghi per lei, di sicuro ereditati da suo fratello maggiore.
Quella mattina sarebbe iniziata la scuola media.
Le viscere le si contorcevano man mano si avvicinasse di più a quel edificio grigio e cupo, insieme al suo fidato ed inseparabile skateboard, Max. Il servizio del pulmino sarebbe iniziato l’indomani.
Da sempre era stata la preda preferita negli scontri verbali con le V.I.P della scuola, o con i bulli.
Attenzione, dico verbali perché Amy faceva judo da quando aveva cinque anni. Non permetteva a nessuno di sfiorarla, l’unica a cui non sarebbe mai riuscita a torcere un capello era la sua mamma.
Quella mattina la brezza di Loitshe era più rigida e pungente, quando le sbatteva sulle guance le bruciava lievemente.
Fortunatamente, la sua enorme felpa rossa con le stelline nere le riparava il torace e le braccia, era così confortevole quel po’ di calore.
Appena arrivò, vide il cortile della scuola stracolmo di ragazzi e ragazze.
Prese sottobraccio il suo Max e si avviò indisturbata, tra gli sguardi curiosi di tutti. Si sedette su un sasso, cercando di incrociare le gambe, ma i suoi jeans super larghi glielo impedirono.
Ce ne erano di tutti i tipi: i punk, i metal, gli snob, i secchioni, le dive, e i raccomandati. Dio che se ne trovasse uno normale.
Il suo sguardo venne a posarsi su un ragazzino gracile, moro con una capigliatura strana, gli occhi truccati, vestiti molto aderenti e originali. Era davvero carino.
Aveva un viso angelico, ed era accompagnato da un ragazzo biondissimo, un po’ più alto, anche lui niente male.
Sorrise, poggiando il mento sulle ginocchia, ma il suono metallico della campanella la riportò ad una dura realtà: la scuola era iniziata.
Scocciata si alzò, e tra spinte e urla varie riuscì ad entrare dentro l’edificio. Doveva cercare la sezione ^D, quella dove facevano francese e inglese.
Almeno sulle lingue straniere sapeva di avere l’eccellenza, anche se era brava un po’ in tutto.
-Mi scusi la sezione ^D?- chiese col suo accentò particolare e curioso, ad una bidella seduta in un angolo.
-Secondo piano, primo corridoio a sinistra!- la bidella sembrò non guardarla neanche, come se sapesse tutte le aule a memoria.
Secondo piano, primo corridoio a sinistra.
Secondo piano, primo corridoio a sinistra.
Secondo piano, primo corridoio a sinistra.

Lo ripeteva continuamente nella sua testa, sperando di non sbagliare, quella scuola sembrava un labirinto delle fiabe.
Infatti perse un buon ¼ d’ora per trovare la sua classe.
Tutti presero a guardarla appena entrò, come se non avessero mai visto una ragazza che portava dei vestiti un po’ più larghi rispetto a tutte le altre sue coetanee.
Beh? Che volete, sono umana anch’io no?
Si grattò nervosamente il capo, mentre cercava spaesata un posto dove accomodarsi, senza nessun compagno/a che la guardasse come se avesse appena commesso un omicidio.
-Puoi sederti qui se vuoi- si voltò e una chioma di riccioli rossi la fece rabbrividire, ma allo stesso tempo sorridere serena.
-Eleonor!- Eleonor era la figlia di una carissima amica della madre di Amy, si conoscevano da una vita, e fino a poco tempo fa vivevano in un paesino di provincia, ma a quanto pare c’era stato qualche cambiamento.
-Cosa ci fai qui?- le chiese poggiando per terra lo zaino.
-Mi sono trasferita!- risposta fin troppo generica, ma cosa si poteva aspettare con Eleonor? Era parecchio stupida e spesso le faceva perdere le staffe, era inutile parlare con lei perché dimenticava tutto, tranne i ragazzi, ovvio, Eleonor era molto frivola sotto questo punto di vista.
-Che figata però siam…- non finì la frase che il suo sguardo si posò su un ragazzino che era appena entrato: vestiti extralarge, rasta biondi legati in una coda alta, occhi nocciola, molto intensi che ti dicevano tutto e niente, un viso stupendo, era bellissimo. I loro sguardi si scontrarono per due, tre, quattro secondi, un tempo che nessuno dei due riuscì a calcolare.
Rimase a guardarlo, era incantata, possibile che non l’avesse mai incontrato? Insomma aveva tutti amici maschi a parte Eleonor, Lucy, una ragazza non vedente che abitava sotto casa sua e Ariel, sua compagna fidata di basket, un altro maschiaccio come lei.
Amy era la più piccola di loro e di tutta la sua classe perché aveva iniziato un anno prima.
-Oddio ma che capelli sono? Sembra un mocio!- le bisbigliò all’orecchio Eleonor.
No, quei dread erano stupendi, anche lei li avrebbe voluti, ma sua madre glieli avrebbe tagliati uno ad uno.
-Non è vero, sono belli- lo disse sognante.
-Ti piace?- le chiese, tra l’inorridito e il disgustato. Amy arrossì, assolutamente non poteva piacerle, lo aveva appena visto.
-Macchè, i capelli forse…- la guardò male. Ma dovettero interrompere la discussione appena entro la prof di matematica.


***


Finalmente suonò l’ultima campanella.
Tutti si precipitarono fuori, libertà.
-A domani Ele…- la salutò con due baci sulle guance e cominciò ad avviarsi verso casa.
-Amily!!!!- si voltò e vide suo fratello Francesco venirle incontro, e non era solo.
Era con Mark, suo compagno di scuola e compagno di basket di Amy, di cui era un po’ infatuata.
-Hei Mark!- non salutò neanche suo fratello, si concentrò sul biondino che le sorrise dolcemente. Quanto avrebbe voluto baciargli quelle labbra, era bellissimo.
-Come stai piccola?- la mise sottobraccio, erano buoni amici, chi non lo era con Amy.
-Bene, tu?- riusciva con difficoltà a guardarlo in quegli occhi color fumo.
-Benissimo, vedi di essere in forma per dopo domani- avrebbero avuto una partita amichevole con una squadra di Amburgo, ma una vittoria non dispiaceva a nessuno.
-Faremo vedere chi siamo… pranzi da noi?- si voltò finalmente verso il viso del biondino, sorridendogli.
-No, magari un’altra volta, ho un impegno oggi pomeriggio- era così dolce, anche quando erano in campo e gli altri la strattonavano violentemente per terra, lui era sempre il primo ad aiutarla ignorando il fatto che lei facesse judo.
Salutato Mark, i due fratelli si avviarono verso casa.
Strada facendo però, Amy vide il rasta insieme al moretto che aveva adocchiato la mattina, appena entrata nel cortile della scuola. Erano sul marciapiede opposto, li vedeva ridere, scherzare.
Si somigliavano parecchio, forse erano gemelli.
-Come ti è andata oggi?- le chiese suo fratello mettendosela sottobraccio.
-Bene, indovina chi è in classe con me?- gli chiese con un ghigno sul volto. Il moro sembrò pensarci un po’.
-Non saprei… chi?- si grattò il capo.
-Eleonor…- lo disse con un tono snervato, ma scoppiò a ridere appena vide il viso sconvolto del fratello. Tutti e due non amavano la compagnia di Eleonor, non perché fosse cattiva o viziata, ma era troppo stupida.
-Ti aspetta un anno terribile, credimi- uscì le chiavi del portone di casa dalla tasca, aprì con due mandate verso sinistra.
Salirono due rampe di scale e suonarono il campanello di casa, aspettando che loro madre li aprisse.
-Come è andata?- chiese loro, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
-Bene- dissero all’unisono i due.
-Eleonor è in classe con me…- disse Amy fingendosi allegra, ma si sarebbe capito a km che non era così.
-Scusa non abitava ad…-
-Si è trasferita, ma non chiamare Puri perché vogliono farci una sorpresa domani sera quindi acqua in bocca- portò l’indice sulle labbra in segno di non parlare.
-AMYYYYY!!!!- la voce biscotto di Lillo era più squillante e accentuata che mai, di sicuro aveva litigato con qualche compagno.
-Cosa è successo alla tua guancia?- gli chiese chinandosi verso il bambino, per vedere meglio l’evidente graffio, testimonianza di una lite coi fiocchi.
-Mike mi aveva rubato il mio super Roby e io gli ho dato un pugno e lui mi ha graffiato e mi ha rotto i colori…- mise un broncio tenerissimo, Amy avrebbe voluto spupazzarlo di baci.
-Stai facendo diventare tuo fratello violento tu e sto’ judo- imprecò Viky, decisamente contraria che sua figlia, femmina per giunta, prendesse lezioni di judo, lo riteneva a-femminile e troppo violento, avrebbe preferito di gran lunga che Amy facesse danza o nuoto, così avrebbe potuto potenziare le sue doti da nuotatrice, ma con Amily c’era poco da fare, il judo era tutta la sua vita e non avrebbe mollato per nessun motivo al mondo.
Dopotutto era anche uno sport che le ricordava tanto Roby, suo padre.
Roby era stato ucciso due anni fa.
Per tutta la famiglia fu un brutto colpo, Viky non era più la donna solare e allegra di sempre, anche se sorrideva i suoi occhi dicevano tutto il contrario, erano spenti e tristi, Roby le mancava da morire.
Adesso faceva la sarta, prendendo uno stipendio misero, ma lei diceva che dovevano farcela da soli, che non avevano bisogno di chissà quale cifra per vivere bene.
Non vennero neanche aiutati dai loro nonni materni, nonno Nicolas e nonna Marie, plurimiliardari, con una villa che farebbe invidiare le più grandi celebrità.
Amy si ammalò per la morte del padre: venne colpita da una malattia auto immune* che la stroncò del tutto, ingrassò per via di tutti i farmaci che le provocano una fame terribile e un gonfiore su seno e fianchi, e diciamolo è parecchio imbarazzante avere una terza, quasi quarta di reggiseno in quinta elementare.
L’unico lato positivo? A causa di una terribile paralisi alle corde vocali, quando il peggio passò, la voce di Amy divenne bella e armoniosa, riusciva a raggiungere tonalità altissime, acuti che sembrano irraggiungibili per le persone comuni. Un tenore a soli dieci anni, ma si sa che era fin troppo timida per esibirsi in pubblico.
La loro vita era come una mela spaccata in due: la prima parte era buona e matura, piena di polpa; la seconda era marcia col verme dentro.
Non avevano avuto nessun aiuto, solo la famiglia di Eleonor, quella di Lucy e la signora Karl, la loro vicina di casa si erano fatti in quattro per loro.

*Le malattie auto immuni, oltre ad essere numerosissime, si manifestano in ogni persona con diversi sintomi, in questo caso io ho preso in considerazione la Dermatomiosite Acuta, ovvero quella da cui sono affetta anche io.
In poche parole queste malattie fanno impazzire il sistema immunitario che va a distruggere tutti i muscoli del nostro corpo. I sintomi sono vari, ma i più comuni sono la retensione idrica, terribili dolori muscolari, spropositato aumento dell’esame del CPK(esame che segnala l’alterazione del sistema immunitario), stanchezza, affaticamento, e uno strano colorito violaceo/bluastro agli occhi, sulle nocche delle dita, e macchie in tutto il corpo.
Spero che la spiegazione sia stata chiara ^^ Kuss.
 
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s3xg0tt!n@483
view post Posted on 30/9/2009, 14:03




O.o

sei più brava di me a scrivere....
non è giusto!!!
vabbè apparte le mie lamentele stupide...
ti imploro di continuare perchè mi piace troppoooooooooooooo
brava la mia Adza!!
finalmente hai postato la tua FF...la aspettavo impazienze..
un bacio!!
 
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~Lollipop Luxury;
view post Posted on 1/10/2009, 14:59




ecco finalmente la tua FF..sono felice che tu l'abbia postata..e devo farti i complimenti,come inizio mi piace molto..
quindi,per favore,posta appena puoi..
un bacissimo..
ALìSs..
 
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Adza
view post Posted on 2/10/2009, 13:35




Grazie raghe...Scusate il ritardo, ma capite... Le versioni di latino e greco sono massacranti -.-. Comunque, per farmi perdonare eccovi due chappy ^^
Spero piacciano anche questi qui ^_^
Allora, voglio darvi un piccolo consiglio, per il chappy n 3 ascoltatevi pr sottofondo Complicate di Avril Lavigne, rende di più X°°
Ma adesso bando alle ciance


2


Il primo mese di scuola volò in un batter d’occhio.
Amily aveva imparato a controllare le crisi isteriche con Eleonor e ciò era una vera vittoria per lei.
L’unico con cui non riusciva proprio ad istaurare un discorso era Tom Kaulitz, il rasta boy.
Lui era sempre alla ricerca di ragazze, e lei era troppo timida per rivolgergli come se niente fosse la parola. Era molto carino, anche simpatico, le sarebbe piaciuto conoscerlo meglio, diventare sua amica.
-Buongiorno ragazzi!- la professoressa di educazione fisica sembrava una comandante dell’esercito militare.
Firmò velocemente il registro e portò i ragazzi in palestra.
-Qui c’è il pallone di pallavolo e quello da calcio…- lanciò loro i palloni e prese a compilare il registro di classe.
La moretta si accomodò in un angolino della palestra canticchiando, guardando i suoi compagni giocare, erano una frana a pallavolo e il calcio proprio non le andava giù.
-Come mai sei sola?- si voltò di scatto, rimase quasi impietrita appena vide il viso angelico del rasta vicino a lei.
-Non mi piace il calcio e le altre non sanno giocare per niente a pallavolo- rispose poggiando il mento sulle ginocchia.
-Finalmente ho trovato qualcuno che la pensa come me…- le disse sedendosi al suo fianco, da vicino era ancora più bello, aveva un viso così delicato e dolce, sembrava un angelo, le sorrise.
Amy ricambiò il sorriso -…Sai giocare a basket?- gli chiese sperando un sì.
-Me la cavo…-
-Giochiamo?- propose lei alzandosi da terra, porgendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi.
-Sei la prima ragazza che mi chiede di giocare a basket- si sorrisero, Amy arrossì appena, sembrava molto dolce. Prese un pallone arancione e si posizionarono a centro campo.
Al via del rasta cominciarono a giocare, sembravano uguali, tutti e due con gli stessi abiti.
Tom si trovò per la prima volta in difficoltà contro una ragazza, era brava, doveva essere ben allenata, era molto agile anche se non sembrava proprio.
Gli bastò una piccola distrazione e la mora fece canestro lasciando il rasta con la mandibola leggermente abbassata, aveva talento.
-Sei brava- le disse sorridendole, la vide arrossire, forse per il complimento, forse per il caldo perché era stata in movimento.
Amy cominciò a sentire caldo, non voleva levarsi la felpa, si vergognava a far vedere le sue forme, quelle della sua classe erano tutte magre quasi anoressiche e lei era l’unica ad essere più formosa rispetto alle altre.
Decise di legarsi i capelli in una coda alta e di alzarsi le maniche dell’enorme felpa nera della Lee.
-Mi concedi una rivincita?- le chiese Tom, sorrise, gli porse il pallone.
-Inizia tu…- si riposizionarono a centro campo, al via della mora cominciarono a giocare. Amy pensò che se avesse avuto la sua tuta da basket avrebbe potuto giocare di gran lunga meglio, con i suoi jeans giganteschi faticava a correre.
Giocarono per buona parte della lezione, finchè il rasta non cadde a terra stremato e sudato, era impossibile stare dietro ad Amy, era davvero brava.
-Stanco?- gli chiese sedendosi vicino a lui, era sudata anche lei, ma di levarsi quella felpa non se ne parlava, la guardò di sottecchi, non capiva il perché.
-Complimenti sei brava! Sei la prima ragazza che mi batte a basket- si asciugò il sudore.
-Devo andarne orgogliosa?- si portò una mano davanti la bocca, coprendosi l’apparecchio ai denti. Aveva un bel sorriso, perché lo copriva?
-Perché ti copri il sorriso?- le chiese ingenuamente, portava l’apparecchio ai denti, questo si, ma non vedeva il perché doveva coprirlo, aveva un sorriso solare, non c’era motivo di nasconderlo.
-Perché ho un sorriso orrendo- abbassò lo sguardo sul pavimento della palestra –Io sono orrenda- ribadì a sua volta.
-Non sei brutta- le disse aggrottando la fonte imperlata dal sudore.
-Hai mai visto una ragazza?- il rasta si limitò ad annuire confuso –Appunto io non sono per niente carina- non le rispose, capì solo era molto testarda.
Non era brutta, era molto carina, se non fosse stato per il suo essere così mascolina ci avrebbe fatto un pensierino.
Gli stava simpatica, magari con la scusa del basket si sarebbero conosciuti meglio, chissà magari non era poi così rozza come sembrava.
-Magari un giorno mi insegni a giocare meglio- le disse cercando di spezzare quel silenzio imbarazzante che si era creato.
-Tu sai già giocare, io sono più allenata perché gioco da un bel po’…- si chiese perché non si levava quell’enorme felpa dato che stava sudando tantissimo nonostante avesse i capelli legati.
-Dove giochi?- le domandò, magari sarebbe venuto a vederla.
-Qui a scuola, insieme a mio fratello faccio i corsi pomeridiani…- si sistemò la fascia nera sulla fronte, così da riuscire a gestire qualche ciuffo ribelle, lasciò le orecchie scoperte, Tom non potè fare a meno di notare tutti gli orecchini che le ornavano le orecchie, ce ne erano di tutti i tipi, piccoli, tribali, di metallo, di legno e così via.
-Quindi giochi con quelli più grandi di te- capito perché era così brava, di sicuro dovendosi scontrare con i più grandi doveva essere parecchio forte in campo.
-Si, io sono la più piccola del mio gruppo, e la più goffa…- abbozzò un enorme sorriso, senza mostrare i denti però, ripensò a tutte le cadute più assurde e Mark che ogni volta l’aiutava a rimettersi in piedi. Piccole cose che le riempivano il cuore, soprattutto quando ogni volta che si incontravano le baciava una guancia.
Le seguì sorridendo, non era molto modesta, e questo lo aveva capito benissimo
-Magari qualche pomeriggio vengo a vederti- le disse, di solito questo dovrebbe fare piacere ad una persona, ma si sa che Amy è lo stravolgimento della natura umana in persona. S’irrigidì a quelle parole, sorrise nervosamente.
-Quando vuoi tu…- continuò a tenere un sorrisino tirato, no, si vergognava a farsi vedere in tuta, da Tom poi, detestava il suo fisico e detestava qualsiasi cosa lo mettesse in risalto, infatti ogni estate era un dramma mettersi in costume.
-Porto anche mio fratello- benissimo, si aggiungeva anche il fratello.
-Hai un fratello?- cambiò discorso, magari si sarebbe scordato di venire a vederla.
-Si, siamo gemelli…- disse vagamente, certo che era uno strazio, era nella stessa classe e si stavano parlando dopo un mese.
-Wow…Bello…Io ho due fratelli…- fece un lieve smorfia ripensando ai litigi mattutini con Francesco per il bagno. Tom sembrò realizzare il perché di quello stile così rozzo per una ragazza, di sicuro crescendo insieme ai maschi aveva adottato questo stile qui. Anche il carattere era diverso dalle ragazze comuni, era molto confidenziale, e non si scandalizzava davanti ad un linguaggio scurrile. Non sapeva perché, ma sentiva che Amy aveva qualcosa in più rispetto alle altre.
-Più grandi?- domandò guardandola dritta in quei pozzi azzurri, lui era ad occhio e croce dieci centimetri più alto.
-Uno più grande e uno più piccolo…Anche se spesso mi chiedo chi sia veramente il più piccolo- sorrise appena lo disse, Francesco spesso la lasciava straziata davanti a dai comportamenti che facevano concorrenza ai bimbi dell’asilo, e Lillo era decisamente più maturo di lui che aveva tredici anni.
Tom ridacchiò, le cose dette da Amy con quell’accento così particolare, diventavano divertentissime, riusciva a farsi volere subito bene, anche solo sorridendo.
-E ritornando al basket…- bene, non lo aveva dimenticato, era spacciata.
-Si?- più naturale possibile, il giorno che sarebbe venuto a vederla si sarebbe messa un tuta super coprente, anche se Anthony le avrebbe fatto un mazzo tanto.
-Avevi detto che sapevi giocare anche a pallavolo…- disse guardandola curioso, oh si la pallavolo, sua mamma le aveva insegnato a giocarci, Viky era bravissima, la più brava dell’istituto in cui studiava, insieme ad una sua amica che le piaceva spesso nominare, Simone se non si sbagliava, parlava sempre di lei.
-Oh, si, si, mia mamma ha insegnato a giocare a me e a mio fratello…- Tom pensò che anche sua madre era molto brava a giocare a pallavolo, di sicuro doveva essere stata una coincidenza.
-Wow, sai fare un sacco di cose- le disse sognante, beh si, modestia a parte prendeva la professione di sorellina tutto fare, a parte le pulizie a casa, a quelle ci pensava solo e soltanto sua mamma.
Ehhh Tom, e ancora non mi conosci veramente, pensò sorridendo compiaciuta –Saprò stupirti…- lo vide inarcare un sopracciglio sarcastico, era davvero bello, quegli occhietti sbarazzini, ti dicevano tutto e niente.
-Attendo di essere stupito allora…- le sorrise maliziosamente,raccolse la sua felpa che aveva lanciato per terra dopo aver iniziato a giocare con la mora.
-Ragazzi tutti in classe!- ordinò il comandante dell’esercito (professoressa), riprese tutti i palloni chiudendoli dentro un armadio in metallo. Li condusse fuori dalla palestra, verso la classe.
Tom non faceva che guardare la moretta di sottecchi, quel rossore alle guance era davvero invitante, cominciò ad immaginare il suo pensierino su di lei, dove un bacio vero ci stava più che bene.
Qualcuno lassù aveva avverato un suo piccolo desiderio, finalmente era riuscita a parlare con Tom, non sembrava così malizioso come dava a vedere, era carinissimo poi, anche se per lei continuava ad esistere solo Mark, Tom era solo un amico.
Appena entrò in classe si precipitò sulla finestra, spalancando le ante,stava seriamente morendo di caldo, ma si vergognava troppo senza la felpa, avrebbe resistito, certo che avrebbe resistito, il suo Maestro le aveva imparato a resistere a torture peggiori, come stare per tre ore intere a testa in giù con un piede legato ad una fune e la vescica che stava per esplodere, al solo pensiero rabbrividì, quella volta l’aveva punita per i troppi errori e la troppa distrazione, o quando le fece prendere a pugni quel maledetto fagotto pieno di sassi, rimase con le mani fracassate per mesi. E poi
aveva resistito due intere settimane senza Nutella in casa e non doveva resistere in quel momento.
C’era anche da dire che aggiunto al caldo c’era anche la sua claustrofobia che alcune volte aveva il sopravvento su di lei.
-Hai caldo?- le chiese il rasta sistemandosi lo zaino.
-No… cioè…un po’ ma più che altro soffro di claustrofobia- il rasta sollevò le sopracciglia in segno di approvazione, sedendosi poi al suo posto. Sarebbe rimasta in piedi finchè il professore non sarebbe rientrato, o avrebbe rischiato il collasso. Solo quando Collins entrò in classe si accomodò con dispiacere vicino ad Eleonor che non fece altro che darle gomitate sussurrandole “Hai fatto colpo eh?”, se non avesse smesso le avrebbe mollato un ceffone di quelli micidiali.
-Ragazze volete renderci partecipi della vostra conversazione?- le richiamò il professore di storia dell’arte, Amy guardò in cagnesco la rossa, poi ritornò a guardare intimorita il professore.
-Ci scusi prof, e che non avevo capito una cosa…- mentì, in un mese di scuola era sempre stata lei a parare le chiappe a quella nulla facente prendendosi spesso le colpe lei.
-Speriamo di avere altre interruzioni…Allora, come stavo dicendo…- Amy si voltò verso Eleonor, le sue palpebre divennero due fessure, la fulminò, questo era troppo.

3



I due gemelli aspettavano l’autobus sotto una casetta vicino casa loro. Sopra vi erano scritte di tutti i tipi e tutti i colori.
-Quando diamine arriva?- imprecava il moretto torturandosi le pellicine delle mani.
-Perché questa fretta?- gli chiese il rasta, fresco e sodo come sempre.
-Io avrei un compito e non vorrei essere richiamato nuovamente per i ritardi… mannaggia a chi ha inventato la scuola- urlò persino in falsetto,
-Carlo Magno non poteva farsi i fatti suoi…- si voltarono entrambi appena sentirono una voce femminile intromettersi, il viso del rasta si illuminò.
-Amy!- la mora li salutò facendo un cenno con la mano, quella mattina aveva i capelli completamente sciolti, senza fascia, una felpa nera con delle scritte colorate, i suoi soliti jeans larghi, strappati e toppati e un paio di scarponi giganteschi -E’ stato Carlo Magno?- le domandò-
-Si… Che poi non sapeva neanche leggere e scrivere, ma dato che amava la cultura inventò le scuole…- mentre parlava si atteggiava da presentatrice di documentari storici.
-Comunque lui è mio fratello Bill- il moretto le sorrise, era davvero carina.
-Piacere Amy!- fece un secondo cenno con la mano destra, ricoperta di bracciali tribali –Il tuo gemello?- i due annuirono –Che figata…Siete due gocce d’acqua in viso- guardò gli occhi Bill, erano contornati di nero, non si stupì più di tanto, le piacevano i ragazzi stravaganti.
-Tu sei figlia unica?- le chiese il moro.
-No… Ho un fratello più grande Francesco, Franky per gli amici, e uno più piccolo di otto anni, Lillo!- disse come se fosse il nome più ovvio in questo mondo.
-Lillo?!- dissero all’unisono, la pronuncia era totalmente diversa da quella di Amy, più buffa, le scappò da ridere.
-Daniele, io lo chiamo Lillo- quegli occhi color giaccio, il suo accento così particolare, se non fosse stato per l’essere troppo maschiaccio, anche Bill ci avrebbe fatto un pensierino, Tom parlava sempre di lei, gliela aveva descritta dicendo che fosse carina, ma adesso poteva constatare che Amily era molto carina.
-Aspetti con noi?- le chiese Bill sorridendole radioso, certo che anche lui era bellissimo, erano tutti e due di una bellezza sconvolgente, non capiva perché dovevano prenderli in giro.
-Si, tanto ormai, saremo di sicuro in ritardo…- disse rassegnata, in effetti la campana della scuola suonava alle otto precise ed erano già le otto e cinque passate.
L’unico ad andarci fregato era come al solito il povero Bill, lui aveva un compito, mentre Tom e Amy avevano musica, e la loro prof era peggio di loro in quanto a ritardi.
Tom notò lo sguardo semi disperato del fratello –Dai, guarda il lato positivo, ti salti il compito…- gli diede una pacca sulla spalla sorridendo beffardo, in effetti non aveva tutti i torti, dopo tutto non aveva nemmeno ripassato benissimo quindi, e anche se avessero provato a rimproverarlo non era di certo colpa sua se l’autobus era sempre in ritardo.
-Vabbè ormai…- disse rassegnato, sorrise alla ragazza.
-In che sezione vai tu?- gli chiese la mora, giocherellando col lembo della sua felpa.
-Nella ^C…- rispose, lui e Tom vennero divisi tempo fa, insieme facevano più confusione di una mandria di bufali, Bill era in classe con Andreas, il loro migliore amico.
-Quindi sei in classe con Lucy?- gli domandò sorridendo contenta, Lucy era la sua amica non vedente che abitava sotto casa sua. Le aveva sempre imparato un sacco di cose, le imparò a leggere il breil, la scrittura dei non vedenti, le imparò a suonare qualcosa col pianoforte tenendo gli occhi chiusi. Sorrise, anche lei l’aveva aiutata a superare il problema della vista, non glielo faceva pesare, ricordò quella volta che di nascosto la portò al parco perché la madre di Lucy non voleva che sua figlia uscisse, e non avrebbe dimenticato mai la felicità dell’amica quando potè sentire l’erba sotto i piedi.
-Si, si la ragazza non vedente- rispose pronto lui, il primo giorno che la vide non riusciva a capire perché non lo guardasse quasi mai in viso quando le parlasse, ed era rimasto di stucco quando capì che i suoi occhi color cielo non funzionavano –Come la conosci?- le chiese.
-Siamo molto amiche, e abita sotto casa mia- videro l’autobus fermarsi davanti a loro, salirono accomodandosi agli ultimi posti.


***


La professoressa di musica era la prof più fuori di testa che si potesse avere.
Era vestita con un abitino stile anni 80, dei tacchi che facevano male solo a guardarli, i capelli talmente biondi che facevano bruciare gli occhi quando si guardavano. Una donna così…Tirata, a soli cinquant’anni.
Nonostante Amy e Tom avessero ritardato di un quarto d’ora, lei era arrivata dopo mezz’ora con tutta la tranquillità possibile -Che sbadata, ho dimenticato il registro…- e quando mai -…Mmm…Amy vai a prenderlo!- la mora si alzò dalla sedia scricchiolante e uscì dall’aula.
-Posso accompagnarla?- impossibile non riconoscere la vocina di Tom, sempre il primo ad offrirsi quando c’era da uscire fuori dall’aula.
-Si…Vai…- gli rispose seccata la prof, non lo guardò nemmeno in viso. Cominciò a correre per quanto i suoi jeans glielo permettessero.
-Amy aspetta!- la mora si voltò verso il rasta, rimase a fissarle quei pozzi azzurri, sembravano infiniti, così splendenti e luccicanti come diamanti, ti dicevano tutto e niente.
-Scusa non ti avevo sentito…- gli sorrise, era così semplice.
Raggiunsero la segreteria, era strapiena di persone: c’erano professori, alunni ripetenti, segretari…Tom ed Amy si misero in fila.
-Wow, nemmeno stessero distribuendo gli stipendi- disse la mora facendo sorridere il rasta, sempre la battuta pronta.
-Mi sa che ci passiamo tutta l’ora qui…- sbuffò il biondino, in effetti non aveva tutti i torti, c’era troppa gente.
-Hai ragione…- sospirò -…Infatti noi scavalchiamo la fila- disse tirandolo per la maglia.
-Tu dici?- le domandò titubante, la vedeva fin troppo sicura per certi versi.
-E si, se no rimaniamo qui fino a questa sera- lo prese per il polso trascinandolo con sé –Ehm…Permesso…Grazie…- le persone li spingevano indietro ogni volta che provavano a superarle –Mi scusi, noi dovremmo prendere…-
-Fai il turno come tutti!- le urlò una ragazza, sicuramente ripetente, non capiva perché ci fossero tutti quei ripetenti li dentro. Fece un respiro profondo, facendo alzare qualche ciuffo di capelli.
-E va bene…Seguimi…- si chinò per terra, e cominciò a gattonare fra le gambe di tutti, Tom la seguì ridendo come un matto, era proprio incredibile, mai che si desse per vinta.
Forse non era stata una pensata molto astuta, specialmente quando doveva passare sotto le vecchie prof rimbambite con la gonna sopra il ginocchio, uno spettacolo tremendo.
Dopo calci, spinte e urla varie, riuscirono a raggiungere il bancone della segreteria. Si rimisero in piedi, spolverandosi jeans e maglietta, si guardarono complici, ridendo come matti.
-Mi scusi…- disse Amy interrompendo una lite fra una vecchia esaurita e il segretario -…Potrebbe darmi il registro della professoressa He…- non riuscì a finire la frase che un ragazzo, con una stazza tre volte la sua, probabilmente ripetente, la spinse facendola cadere fra le braccia del rasta.
-Tutto bene?- le domandò preoccupato il biondino
-Si, ora mi sente- si rimise in posizione eretta, ma si sentì afferrare per un polso.
-Sei matta, è tre volte più grande di te- sembrava preoccupato dalla sua audacia, adesso lo avrebbe stupito.
-Guarda, e impara- si avvicinò al bestione che prima l’aveva quasi scaraventata per terra, urlava come un matto, lo punzecchiò con un dito.
-E tu che vuoi?- le ringhiò.
–Scusami, ma c’ero prima io…- cercò di essere gentile e cortese non si sapeva mai, la gentilezza non aveva mia ucciso nessuno, glielo ripeteva sempre la sua vicina di casa dicendole che le gentilezze sono fondamentali in una donna, non che lei si sentisse chissà chi, ma per una volta voleva evitare di essere scorbutica.
-E che cosa vuoi da me?- le domandò seccato, come se lo avesse addirittura disturbato, riprese a lamentarsi verso il segretario che tentava di tenerlo a bada.
Lo guardò accigliata, al diavolo la gentilezza, certuni sembrava farglielo apposta. Tom la fissava spaventato, era fin troppo audace e quel bestione era fin troppo su di giri.
Amy lo spintonò a sua volta –Mi scusi, il registro della professoressa Herzl…- sovrastò la voce del pel di carota che urlava, quel povero segretario era sull’orlo di una crisi di nervi, non sapeva più a chi dar retta.
-Ma vuoi levarti dalle scatole?!- le urlò in faccia, gesto che la fece alterare ancora di più.
-Devo prendere il registro!- ringhiò lei, lo fulminò col suo sguardo di ghiaccio.
-Non m’importa minimamente di quello che devi fare tu…- le poggiò una mano sulla schiena cercando invano di allontanarla da sé -…Vedi di sloggiare prima che…- la fece girare mollandole una pacca sul sedere.
Non gli diede nemmeno il tempo di allontanare la mano incriminata dal suo fondo schiena, lo afferrò per il braccio, glielo attorcigliò dietro la schiena e lo fece distendere col viso appiccicato sul bancone.
Ci fu un silenzio tombale in quel minuti, tutti rimasero a bocca aperta, Tom compreso, aveva gli occhi che a poco sarebbero usciti fuori dalle orbite.
-Adesso potrei avere il registro della professoressa Herzl? Grazie!- il segretario annuì spaventato, sparendo dietro un angolo.
-Ahi…- si lamentava il pel di carota sotto le sue mani, lo stringeva forte.
-Sta’ zitto- gli disse secca, sentì Tom ridacchiare divertito, un bestione sottomesso da una ragazza era uno spettacolo unico, impedibile. Il segretario ritornò col registro in mano, porgendolo alla mora.
-Ecco tieni- Tom prese in mano il registro e chiamò Amy, ancora intenta a tormentare il bestione sotto le sue mani.
-La prossima volta pensaci un paio di volte prima di toccarmi- gli disse aggressiva, lo lasciò dolorante sul bancone raggiungendo il rasta fuori dalla segreteria. In un primo momento si sentì un po’ in imbarazzo, ma lo guardo estasiato di Tom sembrò rincuorarla.
-Ma come hai fatto…Cioè…Sei stata fantastica prima, davvero- non stava più nella pelle, l’entusiasmo era palpabile, come un bambino che vede per la prima volta le giostre.
-Faccio judo da parecchio tempo…- gli occhi del biondino stavano per uscire fuori dalle orbite, quella ragazza era speciale, se lo sentiva, riusciva a stupirlo giorno dopo giorno.
Le venne da ridere vedendo la faccia di Tom, era così buffo –Puoi insegnarmi qualcosa, ti prego, puoi?- non gli scoppiò a ridere davanti per evitare di sembrare altezzosa, ma vederlo così esaltato le fece venir da ridere.
-Certo, non c’è problema…- scesero le scale con calma, Tom sembrava un cagnolino che seguiva ammaliato il suo padrone. Amy poggiò le dita affusolate sulla maniglia della porta, facendola abbassare lentamente.
-Alleluia vi eravate persi per caso?- domandò loro la prof parecchio irritata.
-Abbiamo avuto un leggero contrattempo…- tutti e due abbozzarono un sorriso complice, Tom poggiò il registro sulla cattedra e tornò al suo posto.
Amy si sedette continuando a sorridergli a distanza, tutto ad un tratto si sentì punzecchiare sulla spalla, si voltò, lo sguardo malizioso di Eleonor diceva tutto –Che avete fatto?- le diede una leggera gomitata, detestava quei comportamenti, come se come lei uscisse di casa col cartello appeso al collo “CERCASI URGENTEMENTE FIDANZATO”. Ok, anche lei era innamorata di Mark, ma solo di Mark, Tom era solo un suo nuovo amico e basta, nulla di più, Eleonor invece riusciva inspiegabilmente ad innamorarsi di dieci persone in contemporanea, e per Amy tutto ciò era insensato, dopo tutto non puoi nutrire lo stesso sentimento per due persone, no, non era concepibile per lei.
-Dio quanto sei maliziosa, ho quasi picchiato uno, contenta?- le rispose polemica, la fulminò col suo sguardo di ghiaccio, quegli occhi mettevano K.O. chiunque.
Vide il viso della rossa cambiare immediatamente espressione, sembrava traumatizzata in quel momento. La mora scosse il capo mandando gli occhi in cielo, nemmeno le avesse detto che si drogava.
-Allora…- cominciò la prof, sistemandosi i suoi giganteschi occhiali con montatura rosso fuoco e paillettes -…Voglio vedere un po’ come ve la cavate a cantare, vi chiamerò io secondo l’elenco- ok, adesso entrava nel panico più assoluto, se c’era una cosa che non sopportava era cantare in pubblico.
Si, aveva una voce che spaccava, avrebbe messo a tacere chiunque li dentro, ma si vergognava troppo, e l’ansia da prestazione la pervadeva, nemmeno sotto tortura avrebbe cantato.
Guardò l’orologio che portava al polso, la campana che segnava la fine dell’ora sarebbe suonata tra venti minuti, e lei era la decima dell’elenco, e dato che la canzone da intonare era L’Inno alla Gioia di Bethoween, quindi non prendeva molto tempo, doveva solo pregare che la campana suonasse prima.
-Albrecht…- Luis si alzò e si diresse alla cattedra, cominciando a strimpellare qualcosa fra le risatine di schermo degli altri. Si fece piccola, piccola, nascondendosi sotto il banco, e se avessero riso di lei?
E perché dovrebbero, aveva una bella voce, perché era convinta che non appena arrivata alla cattedra non sarebbe riuscita ad azzeccare mezza nota.
Per un attimo le venne da ridere per quanto fosse contrastante con se stessa, prima metteva a tappeto i ragazzi più grandi senza timore, e dopo si vergognava a cantare davanti ai suoi compagni di classe. Se a quest’ora Roby fosse stato accanto a lei, l’avrebbe letteralmente lanciata davanti a quella cattedra, obbligandola senza nessun diritto di replica a cantare davanti a tutti.
Nessuno azzeccava mezza nota, uno più stonato dell’altro, e tra non molto si sarebbe aggiunta anche lei.
-Della Ro…- rese grazie al Signore per aver anticipato la campanella di tre minuti -…Vabbè la prossima volta continueremo, arrivederci- la prof sparì dietro la porta. Fece un sospiro di sollievo, forse per quella volta Roby l’aveva ascoltata lassù. Si alzò dirigendosi verso il suo posto preferito, la finestra.
-Dove vai?- le chiese Eleonor, vedendola lievemente sudata.
-Nella mia adorata finestra, ho caldo- si sventolò le mani davanti al viso, aveva bisogno di aria come al solito. Aprì un po’ l’anta, il gelo di Novembre era tremendo li a Loitshe, mancava davvero poco a qualche grandinata.
Vide Tom venirle in contro –Peccato volevo sentire come stonavi…- le disse ridacchiando, gli mandò un occhiata alquanto maliziosa.
Poveretto, davvero non la conosceva bene.



Perfetto, voglio tanti commentini... E sempre da più personcine jaja
Grazie ancora.
Vi liebo.
Adelù
 
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Chemical_Nene
view post Posted on 3/10/2009, 13:47




Ok come inizio mi intriga continuaaaaaa! *-*
 
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Adza
view post Posted on 6/10/2009, 10:31




Grazie grazie eccovi il chappy



4



Bussò un paio di volte prima che qualcuno venisse ad aprirle.
-Oh, tu devi essere Amy giusto?- una donna molto giovane, capelli biondi, corti sulle spalle, più o meno la stessa età di sua madre, l’accolse calorosamente.
-Io sono Simone- Simone…Naaa…Di certo era solo una coincidenza che aveva lo stesso nome della famosa amica di sua mamma, ma sembrava molto simpatica. La fece entrare.
La casa era molto carina, e decisamente più grande della sua, vide il moretto venirle incontro, con le ciabatte arancioni era adorabile, faceva venir voglia di coccolarlo.
-Ciao- Amy gli diede un bacio sulla guancia, lo face arrossire.
-Bill, porta Amy da Tom, tanto è inutile chiamarlo con quello stereo a tutto volume- Bill le fece segno di seguirla al piano di sopra. Percorsero un lungo corridoio, fino a quando si fermarono davanti una porta in noce, da dove proveniva della musica hip/hop.
Bill dovette urlare come un forsennato per farsi sentire dal fratello.
-Che cavolo vuoi…Ehm…Ciao Amy!- la mora gli fece un cenno con la mano, ondeggiando i numerosi bracciali.
Lei e Tom dovevano ricercare un movimento artistico per un compito in storia dell’arte, così decisero di incontrarsi a casa dei gemelli -Entra- Amy varcò la soglia guardandosi intorno, le pareti erano azzurre, dove vi erano appesi alcuni poster di Samy Deluxe, sul letto c’erano alcuni vestiti ammucchiati fra di loro, e qualche calzino sporco per terra –Scusa il disordine- le disse imbarazzato.
-Quale disordine?- domandò inarcando un sopracciglio, il rasta la guardò confuso –Se questo è disordine…- sorrise appena poggiando per terra, vicino alla scrivania la sua borsa Converse.
-Perché hai visto di peggio?- le chiese sedendosi sul letto.
-Eh caro Tommaso, tu non sei mai entrato nella mia stanza…- la guardò, innanzi tutto da dove le era spuntato quel Tommaso e secondo, era davvero così disordinata? Una ragazza?
-Tommaso?!- lo disse con un tono buffissimo, anche la sua espressione non era da meno, le scappò un risolino.
-Tom in italiano!- rispose come se fosse la cosa più ovvia al mondo.
-Ahhhh….- accese il computer -…Sei davvero così disordinata?- le chiese curioso, era incredibile quella ragazza.
-Ti dico solo che quando mia madre è entrata per pulirla ha trovato dentro un cassetto della pizza che avevo mangiato con un amico di mio fratello circa due mesi fa, e un lecca-lecca attaccato all’armadio, poi non scendo nei particolari…-
La guardò sconvolto, magari lo stile era molto mascolino, ma non aveva mai visto una ragazza che fosse così disordinata e andava per giunta fiera di esserlo, Amy era proprio strana.
Aveva proprio ragione, lo stupiva ogni volta.
-Facciamo sta’ ricerca…- Tom aprì la pagina web digitando il movimento che dovevano ricercare.
-Quando finiamo, posso controllare la posta elettronica?- chiese cercando lo sguardo del biondino.
-Hai la posta elettronica?- si voltò incrociando il suo sguardo.
-Si…Chatto con i miei cugini o amici in Italia- appena pronunciò il nome della sua patria le si illuminarono gli occhi, amava quel paese.
-E’ difficile l’italiano?- le chiese mordicchiandosi il labbro inferiore.
-No…Anzi è molto semplice…E’ bello perché leggi le parole per come sono scritte- fece spalline sorridendo radiosa.
-Tipo?- la mora prese un foglio bianco e scrisse alcune parole.
-Per esempio in tedesco “liebe” lo scrivi così- scrisse la parola sul foglio -…Ma lo leggi “liebe”- pronunciandolo correttamente -…In italiano invece scrivi amore e lo leggi per come è scritto- scrisse la parola sul foglio, mettendolo sotto il naso del rasta.
-Quindi amo…re?!- chiese titubante, lo lesse con un accento particolarissimo, molto affascinante.
-Esatto! E’ bello per questo…Quando lo capirai t’insegnerò il siciliano che è stupendo credimi!- quelle iridi sembravano due fari illuminati.
-Ma dei tuoi che è italiano?- chiese curioso.
-Mio padre lo era, lo siamo anche io e Frac, tranne Lillo, lui è nato qui-
-Perché “era”?- sentì come qualcosa lacerarle il petto, un terribile nodo alla gola.
-Mio padre è morto!- Tom avvertì una potente fitta allo stomaco, ma non doveva andare in bagno questa volta. Vide il volto della ragazzina incupirsi appena:
-Mi di…Dispiace…- balbettò sconsolato, mai che ne facesse una buona, era proprio stupido a volte.
-Ma no che potevi saperne…- sospirò, quella ferita che le si era creata tempo fa, sembrava aver ripreso a sanguinare, fece finta di nulla.
-Ma tu lo conoscevi?- la ragazza annuì abbassando lo sguardo sul pavimento.
-E’ morto due anni fa, doveva tornare a Loitshe quel giorno, ma ci portò questa notizia…- nella sua mente erano registrate ancora perfettamente tutte le scene di quel maledetto giorno, se avesse potuto lo avrebbe cancellato volentieri dal calendario.
-E come avete fatto dopo…Insomma…- non seppe perché disse quella frase,
-Da quando mio padre non c’è più ci siamo sempre arrangiati, per i miei nonni materni non esistiamo neanche, e a parte la famiglia di Eleonor, la nostra vicina di casa e le sorelle di mio padre dall’Italia, nessun’altro si è mai degnato di darci un minimo di aiuto, purtroppo con queste esperienze capisci chi sono davvero le persone a cui puoi fare affidamento…- sentì gli occhi inzupparsi di lacrime, cercò di cacciarle indietro.
-Che stronzi- fece una smorfia di ripudio, le carezzò il viso, qualcosa di caldo gli cadde sulla mano, un piccola lacrima vagante, poi partì subito in quarta.
-Quei miserabili dei miei nonni, non si sono neanche scomodati a farci una telefonata per sapere se eravamo morti anche noi, plurimiliardari com’erano ci hanno lasciati in tredici senza un centesimo in tasca- tirò su col naso, ormai quel po’ di matita messa intorno agli occhi era andata a farsi benedire, le sue lacrime erano grigiastre. Si sentì come liberata, quelle parole aveva bisogno gridarle, e fortunatamente le si era presentata l’occasione, tanto con Tom aveva la certezza che non avrebbe mai parlato con i suoi nonni.
Si sentì avvolgere fra le braccia del rasta, rispose all’abbraccio, si lasciò coccolare, stranamente in quel momento non provò alcun imbarazzo, ma si sentì protetta da ogni cosa, le braccia di Tom le infondevano sicurezza.
-Ti prego non dire a nessuno che ho pianto- lo supplicò, annuì, non gli andava di chiedergli il perché –Ora però studiamo, se no non finiamo più- si asciugò le lacrime, la voce le tremava un po’. Aveva sbagliato, non doveva piangere, Roby le diceva sempre che solo i deboli piangono e questa frase gliela ripeteva sempre anche Teeran, il suo Maestro di judo, un secondo padre per lei.

***


Scesero in cucina appena finirono.
Un profumo di waffle appena sfornati si impossessò delle narici dei due ragazzi.
In cucina c’era la signora Kaulitz che stava servendo i waffle e il moretto seduto a tavola a scarabocchiare chissà cosa su un foglio di carta, era senza trucco, in poche parole era la fotocopia di Tom con i capelli neri.
Si accomodarono a tavola, Amy in mezzo ai due gemelli.
-Allora Amy…Tom mi ha detto che sei italiana…- le disse la donna mentre le mise davanti il dolce fumante.
-Si, io e mio fratello maggiore siamo nati in Italia, mia madre è belga e mio fratello minore è nato qui- disse assaggiando con cautela il proprio waffle per paura di scottarsi. La sua famiglia era un vero miscuglio di culture.
-Tua madre è belga?!- dissero tutti in coro, sembrarono telecomandati.
-Si perché?- addentò un pezzo di waffle, aveva un gusto divino.
-Io avevo una cara amica belga al liceo…Ci volevamo davvero bene…Victoria- la mora sgranò gli occhi, due indizi fanno una prova, e questa era la prova provata che la mamma dei gemelli era la famosa amica del cuore di sua madre.
-Mi scusi signora, ma con questa Victoria giocavate a pallavolo insieme?- vide la donna guardarla stranita, lasciando perdere la cucina da pulire.
-Si, come fai a saperlo?- sul viso di Amily si dipinse un sorriso che andava da un orecchio all’altro, Sherlock Holmes poteva andarsi a nascondere di fronte a lei.
-Mia mamma è Victoria- i due ragazzi rimase con le mascelle abbassate fissando in silenzio la mora, notò gli occhi felici di Simone, a tratti lucidi dalla contentezza.
-Oddio, non ci posso credere tu sei la piccola Amily?- le sfiorò il viso come se volesse accurarsi che fosse tutto reale –E hai un fratello più grande, Francesco giusto?- annuì ripetutamente, vide la donna prendere una foto da un cassetto e porgergliela in mano. Ritraeva sua mamma e Simone abbracciate e Roby dietro di loro che faceva le corna ad entrambe, vedere il volto di suo padre le fece venire un tuffo al cuore, ma cercò di non farlo notare.
-Caspita quanto eravate giovani!- ridacchiò il moretto poggiando le mani sulle spalle della mora, ancora intenta a squadrare il viso del padre, così identico al suo, avevano gli stessi occhi, era proprio un bel ragazzo e per quanto potesse ricordare, era anche un bell’uomo. Con l’indice gli sfiorò il volto stampato sulla foto in bianco e nero.
-Chi è questo tizio?- domandò ingenuamente Bill, stessa storia di Tom, cosa poteva saperne mai anche lui.
-Mio padre…- sussurrò, assottigliò le labbra, sperando che non si sarebbe preso quel discorso, ma questa volta il suo desiderio non venne esaudito.
-A proposito, come sta Roby?- quella domanda fu più dolorosa di un calcio allo stomaco, dopo due anni faceva ancora male, forse anche un po’ più di prima.
-E’…- sospirò, era dura da affrontare, ma doveva farcela –E’ morto…- la voce riprese a tremarle, ma questa volta non le si inzupparono gli occhi, si trattenne.
Vide il volto di Simone tramutarsi –Oh cielo…Quando?- si portò una mano fra i capelli biondi, non seppe più cosa dire, quella notizia l’aveva spiazzata.
-Due anni fa…- di nuovo quel terribile dolore al petto, il cuore che le si lacerava pian piano.
Sentì gli occhi pizzicare appena, no, non doveva più piangere dannazione, doveva essere forte davanti agli occhi degli altri, lo aveva promesso a suo padre.
Da sotto il tavolo, sentì la mano di Tom, riconoscibilissima dai polpastrelli rovinati dalle corde della chitarra, prendere e stringere forte la sua, tentando di darle coraggio, la guardava come per dirle di non piangere un’altra volta, o Viky ne sarebbe venuta a conoscenza.
Non voleva che sua madre sapesse che ancora, dentro di lei, c’era un terribile vuoto, una voragine aperta che non riusciva a chiudersi, qualcosa che le doleva in continuazione quando sentiva pronunciare il nome di suo padre, qualcosa che riusciva a mandarla in bestia quando sentiva le ragazzine della sua età fare commenti sgradevoli sui loro padri.
Anche se di sicuro anche Viky immaginava che fosse così, nessuno era riuscito a lasciarsi il dolore alle spalle, nemmeno il piccolo Lillo, che nemmeno lo conosceva, adorava il suo super Roby.
-Oh Cristo…Io…Io non sapevo di tutto questo, davvero…Oddio…- non guardò il viso di Simone, ma immaginò che le scese qualche lacrima, Roby mancava a tutti.
-Ormai è andata così, ma cambiamo discorso però…- sentì le mani calde di Bill stringerla dalle spalle, e quelle di Tom tenerla per mano, stranamente si sentiva al sicuro da ogni cosa, come se quella voragine faceva meno male con loro.
Simone sembrò capire il disagio della ragazzina, cacciò indietro le lacrime che le inzupparono appena gli occhi color cioccolato –Se avrete bisogno, sappiate che noi ci saremo sempre d’ora in poi, va bene?- si schiarì la voce, vide la ragazza annuire ripetutamente fra le braccia di entrambi i suoi figli, ormai la poteva considerare un’altra Kaulitz, lei e Viky erano più affiatate di due sorelle.
-Verrà a prenderti Viky?- le domandò cambiando discorso.
-S…Si…Anche perché sono senza lo skateboard…- sorrise appena, sua madre non le avrebbe mai permesso di aggirarsi per le strade da sola la sera, anche se abitavano in un piccolo paesino, e aveva una figlia che sarebbe riuscita a mettere a tappeto chiunque, glielo proibiva spesso, ripetendole quella famosissima frase tanto odiata dai teeneger “sei ancora troppo giovane” –Così potrete rivedervi, passerà tra qualche ora…- guardò l’orologio, ad occhio e croce sarebbero passate due ore al suo arrivo sapendo gli impegni che aveva.
-E che lavoro fa adesso?- le domandò sciacquando i piatti sporchi.
-La sarta, al solito…- sospirò, immaginò che a quest’ora stava sistemando l’ennesima tenda da montare a qualche coppia appena sposata, anche se il suo lavoro lo faceva con passione, era molto creativa e cucire le piaceva da morire.
-Sempre indaffarata con le tende?- sorrise, ripensando a quando erano giovani e si riunivano a casa di Viky, e iniziava a mostrarle tutti i vestiti che si cuciva da sola, perché gli abiti orrendi che sua madre Marie la costringeva ad indossare li detestava con tutta se stessa.
-Aspetta un minuto….- s’intromise il moretto aggrottando la fronte -…Ma se tua madre è belga, come ha fatto a conoscere nostra madre in Germania?- premio Nobel per il miglior ragionamento elaborato in meno di cinque minuti, bravissimo Bill, quel particolare Amy lo tralasciava sempre.
-Mia madre gli studi liceali li ha fatti qui, perché quei megalomani dei miei nonni affermavano che le migliori scuole esistessero solo in Germania, ad Amburgo e hanno vissuto per un buon periodo, ora loro sono tornati a Bruxelles e noi siamo qui…- fece spalline, sorridendo dolcemente.
-Wow…Quindi tu sai parlare anche il francese?- continuò il moro interessato.
-Si…- ma venne interrotta dal rasta.
-Per questo lo parli benissimo e non hai una minima difficoltà a tradurlo, e dici anche le parolacce in francese!- risero tutti, i merde spesso imprecati da Amy erano una potenza, facevano morire dal ridere, specialmente nelle lezioni di francese, quando le si spezzava il gesso fra le dita.
-Ma voi due avete finito di studiare?- domandò al figlio maggiore e alla mora, improvvisamente Simone.
-Si, si, abbiamo fatto tutto- disse il rasta annuendo aritmicamente, poi si voltò verso il gemello –Le facciamo sentire Leb die Sekunde?- domandò poi, era febbricitante.
-Certo, sempre se ti va…-
-Cosa sarebbe Leb die Sekunde?- domandò lei, non capendo di cosa parlavano i due gemelli.
-La nostra canzone!- dissero all’unisono, nei volti di entrambi era disegnato un sorriso che toccava entrambe le orecchie. Annuì seguendoli in garage, appena la saracinesca fu del tutto su, entrarono dentro, vi erano tre chitarre, e una pianola con un microfono incorporato –Puoi sederti qui- il rasta le fece segno di accomodarsi su di una cassa di legno.
Si sedette continuando a guardare i due gemelli, Tom prese in mano una delle tre chitarre, mentre Bill si posizionò dietro la pianola.
Il rasta cominciò a suonare le prime note, era molto rockeggiante, Bill armeggiava quella pianola come un matto, faceva tutto di fretta, anche se il risultato era davvero soddisfacente. Le venne da ridere vedendo il moro, così…Scenografico.
Bill, cantava, suonava la pianola e come se non bastasse ballava anche, era un piccolo tutto fare.
Aveva una bella voce, molto orecchiabile, cantava bene, avrebbe potuto farlo per mestiere, dopotutto anche il suo essere così scenografico lo avrebbe aiutato a fare successo, e poi con Tom al suo fianco, quell’altro era davvero bravo con la chitarra.
Tom un chitarrista e Bill il cantante, bassista, batterista, ballerino tutto fare.
Le fecero sentire ancora altre canzoni, avevano davvero un repertorio fantastico, avevano talento, peccato che lei sapesse suonare solo un po’ il pianoforte e stop, se no si sarebbe aggregata, e ci avrebbe scommesso che a Bill non sarebbe dispiaciuto un batterista o un bassista.
-Che ne pensi?- le chiese poi tutto entusiasta.
-E’ una figata, siete bravi- li vide bearsi di quei complimenti, avevano la stessa identica espressione in quel minuto, che belli che erano. La loro attenzione venne richiamata dal suono del campanello di casa. Salirono dalla scala interna, videro Simone affrettarsi ad andare aprire la porta, aspettarono qualche metro dietro la donna.
-Viky…- sussurrò appena spalancò il portone, aveva gli occhi lucidi. Viky rimase a fissarla non capendo, teneva per mano Lillo, e dietro di lei c’era Franky che cercava con lo sguardo la sorella.
-Ci…Conosciamo?- domandò continuando a non capire, vide la donna di fronte a sé con le lacrime agli occhi.
-Sono io…Simone…- la voce tremava, non credette alle sue orecchie, le sembrava così surreale.
-Simone…Sei tu…Oddio…- si abbracciarono strette, mentre i due… “Uomini”? Li fuori guardavano spaesati la scena.
Lillo corse dalla sorella, saltandole in braccio –Amy, ma perché la mamma e quella signora si abbracciano?- le chiese, poi nascose il viso fra i capelli della sorella appena i due gemelli gli sorrisero.
-Appunto Amy, perché la mamma e la mamma dei tuoi amici si stanno abbracciando?- domandò Frank unendosi agli altri.
-Oddio, quanto tempo è passato…- si voltarono verso i ragazzi -…Francesco, quanto è cresciuto, e lui deve essere Daniele…- rimasero a raccontarsi di tutto per buona parte della serata, Simone li invitò a cena.
Finalmente si erano ritrovate, dopo anni, erano di nuovo insieme.



Lo so all'inizio è un pò triste, ma poi sembra ritornare allegro.
Un bacio.
Voglio tanti commenti.
Adz <33

 
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view post Posted on 15/10/2009, 22:15

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ho passato la fine della serata tra QUESTA FF e una conversazione importante su msn.
piangevo lì e qui sorridevo.
grazie per la splendida serata piccola Amily ^__________^
 
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X_Kessy Vampire_X
view post Posted on 16/10/2009, 15:32




E' molto bella questa ff!!!
Scrivi davvero bene!!!
Continua presto <3<3<3!!!
 
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Adza
view post Posted on 4/11/2009, 22:10




Raghe perdonte il treendo ritardo ma proprio non ho avuto il tempo materiale per postare, così per farmi perdonare vi posto due chappy ^^





5
Amy correva veloce verso la palestra della scuola, era in tremendo ritardo.
Prima era dovuta andare all’accademia perché Teeran doveva consegnarle un nuovo chimono e aveva perso fin troppo tempo, infatti non era neanche passata a casa per posarlo. Entrò di nascosto, se Anthony l’avesse beccata ancora senza tuta era guai.
Sgattaiolò dentro gli spogliatoi femminili -Era ora!- le urlò Ariel facendola sobbalzare dallo spavento, era già in tuta, mostrando le sue doti fisiche-Cosa ti è successo sei in ritardissimo!- le aprì il borsone e le andava consegnando i pezzi di tuta da indossare, mentre lei in tutta la fratte si liberava di tutti gli indumenti.
-Non si dice ritardissimo…- si sfilò la felpa lanciandola chissà dove, ma in quel momento non era molto importante.
-Ma…Cosa sarebbe questo…- prese la busta che conteneva il chimono, girandola parecchie volte.
-E’ un chimono nuovo…- rimase in intimo, infilandosi subito i pantaloncini e un enorme maglietta scollata che lasciava intravedere il reggiseno nero. Si legò i capelli in un coda lenta.
-Dai andiamo- uscirono dagli spogliatoi, correndo in campo.
A centro campo c’era Mark, in tuta era ancora più bello, aveva un fisico che di certo non le metteva pensieri innocenti anche se aveva solo dieci anni.
Lei si sentiva uno sgorbio, aveva i polpacci troppo grossi, le braccia bianche e cicciotte, aveva anche un filo di pancetta che sporgeva, e il sedere accentuato e tondo.
La signora Karl, la sua vicina di casa, le diceva sempre che la sua pancia era grossa perché dentro aveva tanta bontà e le si andava a depositare ovunque, ma Amy avrebbe preferito di gran lunga essere cattiva così da poter essere magra e longilinea come Ariel, anche se a pensarci bene…Ariel non era per niente cattiva, era un po’ attacca brighe ma niente di che, basta doveva concentrarsi sugli allenamenti.
-Hei piccolina, finalmente sei arrivata- le disse Mark appena si accorse dalle sua presenza, le diede un bacio sulla guancia, perché diavolo era così…Dannatamente dolce?! Le gote le presero a fuoco e Ariel se ne accorse, e di tanto in tanto ridacchiava tra sé e sé.
Entrò Anthony, il loro allenatore, era peggio di un generale di guerra. Gli faceva fare degli allenamenti massacranti.
E tra i più odiati non poteva mancare ovviamente il percorso con le ruote, dove Amy era una frana in tutto e per tutto.
La prima fu Ariel, scattante e veloce come una gazzella, s’inceppò solo alla fine, subito dopo il turno di Lucas, anche lui molto scattante, era bravo a giocare, se solo avesse avuto giusto un po’ di cervello, perché Lucas era un ragazzo che se si trovava un pezzo di pizza fra le mani, mentre che era su una barca con accanto un tizio che aveva appena vomitato sarebbe stato capace di chiedergli “Ne vuoi un pezzo?”, e magari se quello gli avrebbe risposto di no si sarebbe anche offeso, roba da pazzi.
Finalmente arrivò la parte che più adorava, il turno di Mark, al fischio il ragazzo partì, non resistette alla tentazione di fissargli il sedere che si muoveva a destra e a manca con disinvoltura. Si, era proprio perfetto, incarnava perfettamente il suo principe azzurro, alto, bello, intelligente e dolcissimo.
-Ottimo Mark!- gli disse Anthony sorridendo soddisfatto, poi soffiò dentro il fischietto, e quello segnò la parte peggiore, il turno di Amy. Si mise in posizione ed al secondo fischio cominciò a saltellare fra un buco di ruota all’altro con tutta la goffaggine che esisteva in lei.
-AMILY PIU’ GRINTA SEMBRI UNA GALLINA!- le urlava, cercando di farla migliorare, ma non si rendeva conto che la faceva agitare più di quanto già lo fosse.
Infatti non ci volle molto per rotolare per terra portandosi dietro tre ruote rimaste attaccate ai piedi suoi piedi.
-SEI UNA SCHIAPPA!- le urlò nuovamente, la mora gli mandò un’occhiata a dir poco rassicurante e borbottò qualcosa d’impercettibile –Possibile che tu non riesca a fare un percorso senza mai cadere?!- l’uomo si portò indietro i pochi capelli che aveva in testa, Mark le diede una mano per rialzarsi, che carino.
-Per la partita di fine anno contro la squadra di Monaco ti voglio informissima chiaro?!- marcò particolarmente l’ultima parola, la moretta calò il capo per terra, nonostante sua madre glielo avesse ripetuto fino allo svenimento che lei non poteva fare troppi sforzi, a lui sembrava entrare da un orecchio e uscire dall’altro, stressandola in continuazione gridandole che era una schiappa e cose varie.
Passarono l’intera serata a fare allenamenti massacranti, non solo per lei, ma anche Ariel era stremata.
Negli spogliatoi si fiondarono sotto le docce, facendo girare più volte la manopola dell’acqua fredda, a fare basket erano solo loro due come ragazze, il resto era tutti maschi.
-Perché tuo fratello non è venuto?- le domandò la brunetta, sciacquandosi via il sapone dai capelli.
-Gli faceva male la testa…- mentì, in realtà Franky la sera precedente aveva esagerato un po’ con i waffle e in quel momento aveva una fortissima diarrea, e ovviamente non poteva andare a giocare a basket col rischio che le sarebbe scappata davanti a tutti, ma di certo non poteva andare a gridare a mondo visione che suo fratello mangiava peggio di un bufalo e adesso non si scollava più dal water.
Uscì dalla doccia, non si era lavata i capelli, lo avrebbe fatto a casa, in quel momento era troppo stanca, si levò la tovaglia che teneva attorno al corpo, la presenza di Ariel non le pesò più di tanto, ma solo perché era Ariel, perché se li dentro vi fossero state altre ragazze non si sarebbe nemmeno fatta la doccia, detestava mostrarsi, infatti odiava i camerini della scuola di arti marziali che frequentava lei, li i camerini erano unici, ovvero, li dentro si cambiavano maschi, femmine, grandi, piccoli eccetera, motivo per cui lei tardava sempre così da potersi cambiare con un po’ più di privacy.
Molte volte si presentava lì già vestita, specialmente il Giovedì, quando c’erano anche le allieve di ginnastica artistica che adoravano passare intere ore in intimo davanti agli specchi vicino alle doccia, sfilando con i loro fisici a dir poco perfetti e sinuosi, ammirate da tutti i ragazzi, beh in un certo senso preferiva quel giorno così tutti gli sguardi erano catapultati sulle altre e non sul suo sedere.
Si vestì in fretta, mentre Ariel con una tovaglia più piccola si asciugava le punte dei capelli bruni.
-Come mai tutta questa fretta?- le domandò la brunetta, indossando mutande e reggiseno neri, in realtà sapeva che la sua amica odiava mostrare il proprio fisico, ma non vedeva il motivo, c’erano ragazze molto più terribili di lei.
-Così…- si allacciò la cintura di cuoio nera attorno alla vita, facendola passare per tutti i passanti degli enormi jeans -…Tranquilla non ti lascio sola- la rassicurò, spesso in palestra entravano ragazzi più grandi, molti spacconi che con disinvoltura entravano negli spogliatoi femminili quando c’erano i corsi di danza moderna, di rado col basket, ma Ariel chiedeva sempre ad Amy se poteva aspettarla, magari il tempo di vestirsi, tanto con Amy vicino non le avrebbero importunate.
-Grazie- asciugò velocemente i capelli lisci, aveva dei bei capelli, li curava tantissimo, anche se a lei sarebbe piaciuto tingerli, personalizzarli un po’. Indossò dei jeans scuri, una felpa rossa e le All Star nere, come quelle che Amy usava specialmente per le partite, ma al contrario di quelle di Amy le sue erano intatte –Possiamo andare- uscirono dai camerini, si scontrarono con Mark.
-Andate via?- domandò loro con un sorriso smagliante, la mora lo fissava imbambolata, pensò che il sole si sarebbe potuto nascondere in confronto a lui, se lo immaginava già da grande, era bello a quattordici anni figuriamo quando sarebbe diventato un vero uomo.
-Si…- risposero all’unisono, baciò entrambe le guance a tutte e due, e tutte e due assortirono reazioni completamente diverse, Ariel rimase impassibile, Amy sembrava essersi risvegliata dal suo stato di trans.
-Ci vediamo…- sparirono dietro l’angolo lasciando il biondino insieme ad altri ragazzi.
Ariel non potè fare a meno di notare che l’amica non faceva altro che sfiorarsi i punti baciati dal ragazzo, si mise a ridere, era proprio buffa quando era innamorata, a Mark ci teneva tanto poi.
-Ed è giunta l’ora che i nostri cammini si separino…- annunciò Amy interpretando un vocione, poi scoppiò a ridere.
-L’amore ti fa sragionare, prenditi una camomilla…A domani- si salutarono con due baci sulle guance e andarono ognuno verso casa propria.
Durante il tragitto fischiettò Durch den Monsun, un’altra canzone di quei due prodigi, era la sua preferita, s’immaginava lei e Mark insieme, in questo mondo parallelo, solo loro due.
Tornò a casa stremata.
Con fatica salì le scale, trascinandosi dietro l’enorme borsone con dentro il nuovo chimono, incontrò la signora Karl che stava per entrare a casa -Dio mio Amy hai una faccia…- esclamò vedendo il viso pallido della ragazza con due terribili occhiaie violacee.
-Gli allenamenti di basket sono peggio di quelli militari- si stirò le braccia e si strofinò gli occhi.
-Oh tesoro, vedi di riposarti perché non hai una bella cera ok?- la moretta annuì aprendo la porta di casa, salutando la vicina.
-Sono tornata!- disse chiudendosi la porta alle spalle.
Lillo le venne incontro abbracciandola forte, vide lungo il corridoio la figura di suo fratello maggiore.
-Hi sister!- la salutò con un cenno con la mano.
-Parli l’inglese adesso?- domandò lanciando il borsone per terra, entrò nella sua stanza tuffandosi sul letto.
-La mamma è andata a casa di Eleonor per montare una tenda a Puri, tornerà tra poco- si sedette vicino alla sorella accarezzandole i capelli –Hai una faccia… ma hai mangiato?- la mora scosse la testa, aveva fame, ma era troppo stanca per mangiare. Non si era nemmeno spogliata, avrebbe benissimo potuto dormire così, si adeguava facilmente alle situazioni.
-Amy mi racconti una fiaba di Roby?- le chiese Lillo sporgendo il labbro in fuori, come resistergli? Beh, non che fosse tra i suoi programmi, ma decise di accontentarlo inventandosi qualcosa di poco dettagliato
Si alzò svogliatamente e iniziò ad inventarsi una nuova storia per il piccolo, gliene raccontava di tutti i colori, Roby l’astronauta, Roby il paladino della giustizia, Roby di qua, Roby di là.
-Quando era giovane Roby adorava giocare a basket, era il capitano della squadra di Loitshe…- le palpebre a stento riuscivano a stare ancora aperte, la testa le martellava forte, la stanchezza si faceva sentire, di sicuro quella sera non sarebbe rimasta a fantasticare sul suo primo bacio con Mark.
-Più bravo di Anthony?- le chiese curioso, sembrava interessato.
-Di gran lunga più bravo…- fece un enorme sbadiglio, era troppo stanca -…Lillo puoi evitarmi la storia per questa sera?- sembrò implorarlo, il bimbo sembrò pensarci un attimo, ma scosse il capo, quelle storie le pretendeva –Ti prego- insistette lei, unì le mani cercando di scroccargli un sì, ma fu inutile.
-Voglio la storia di Roby!- incrociò le braccia al petto, gesto che esprimeva pura polemicità.
-Ti prego lasciami dormire…-sentì la porta di casa aprirsi, la mamma era rincasata, la sua salvezza era arrivata.
-Mamma, Amy non vuole raccontarmi la storia di Roby!- il bimbo si aggrappò sulla gonna della madre.
-Lasciala in pace una buona volta!- Lillo sembrò rassegnarsi alle parole della madre, tornò a giocare col suo super Roby.
Viky entrò nella stanza della figlia, era al corrente che quel giorno le avrebbero consegnato un chimono nuovo e doveva lavarlo e stringerlo secondo le misure di Amy, ma trasalì appena vide il viso stravolto della figlia, si preoccupò.
-Cosa hai combinato?- le prese il viso in mano, aveva le occhiaie violacee, tipici sintomi della sua fastidiosissima malattia –Cosa hai fatto al basket?- le controllò le nocche delle mani, anch’esse sul bluastro.
-Doppio allenamento, e per la partita!- ammise, anche perché se le avesse detto niente sarebbe risultato poco credibile
-Di al carissimo Anthony che se vuole che tu vada a quella partita non deve farti ridurre così!- lo disse alterata, era molto arrabbiata e si vedeva, col suo allenatore avevano battibecchi continui.
-Ma…- provò a rimediare, quella partita era importante.
-Niente ma Amy, ti rendi conto che un cadavere fa più figura di te in questo momento?- aveva ragione, non aveva proprio una bella cera, aveva l’aria del tutto snervata, e lei tutti quegli sforzi non doveva assolutamente farli.
-Ma Roby diceva sempre che…- non riuscì a finire la frase che le parole di sua madre la travolsero come un fiume in piena.
-Roby, Roby, Roby sempre Roby, Amy tuo padre è morto chiaro?!Morto, fattene una ragione!- le urlò, vide i suoi occhi cominciare a lacrimare, non capiva perché si ostinasse ad ammettere che non riusciva a lasciarsi il dolore alle spalle.
La vide correre in lacrime verso la sua stanza seguita dal piccolo. Si alzò dal letto ancora scossa da quelle parole.
No, Roby non era morto, lui viveva nei loro cuori, nei cuori di tutti, era rimasto immortale.
Questa volta le lacrime non riuscirono a starsene al loro posto, rigandole il viso pallido, si sentiva tremendamente in colpa, si sarebbe presa volentieri a schiaffi.
Sei solo una cretina, si disse, raggiunse la camera di sua madre, potè sentire i suoi singhiozzi, entrò senza accendere nessuna luce, si sdraiò nel letto vicino a sua madre, si fece avvolgere fra le sue braccia –Mi dispiace…- le disse, poi cominciò a singhiozzare anche lei.
-Non ti preoccupare…- disse singhiozzando Viky, le baciò la fronte -…Devi solo promettermi che non ti riduci più così d’accordo?- annuì, si strinse ancor di più al petto della madre, le sembrò di ritornare bambina.
Sentì Franky entrare nella stanza e abbracciare entrambe, non stava piangendo, almeno lui no.
Era sempre così, loro quattro, chiusi in una stanza al buio da tutto e da tutti, a sfogare le loro rabbie, le loro paure, solo all’oscuro del mondo.
Ecco che in quei momenti, ad Amy sembrava che il mondo le stesse crollando addosso, che quella parte di mela cominciasse a diventare lurida e con la muffa.

6
Un anno era volato via.
Le vacanze estive sembrava che fossero finite il giorno stesso in cui erano iniziate.
Il primo giorno di scuola fu durissimo per entrambi i gemelli, infatti essendo in tremendo ritardo, avevano già perso l’autobus e stavano correndo come matti verso la scuola.
Si guardavano e ridevano, ridevano in continuazione, senza motivo.
Arrivarono col fiatone, dovettero fermarsi un secondo per prendere fiato, la campanella doveva essere suonata da un pezzo, non c’era quasi nessuno fuori.
Camminando velocemente iniziarono a percorrere l’enorme giardino, ma aumentarono terribilmente il passo quando videro Kirk ed Erick venire verso di loro. Erano i due ragazzi più temuti della scuola e loro due erano le loro vittime preferite, in assoluto, cominciarono a correre sempre più forte.
Solo qualche altro metro e sarebbero stati salvi, ma diamine, il portone della scuola era chiuso, perfetto il primo giorno di scuola, sarebbe stato l’ultimo della loro vita.
Ma forse, qualcuno lassù volle aiutarli almeno quella mattina: il custode della scuola spalancò le porte, erano salvi.
Si divisero raggiungendo le rispettive classi. Quella di Bill era al piano terra, mentre Tom dovette salire un rampa di scale per raggiungere la propria. Non appena vi entrò il suo sguardo si posò su una figura a lui nuova, capelli riccissimi, scalati, con delle meche colorate, alcune rosse, altre blu, nere, viola, platinate, arancioni etc…
Una vaga idea che potesse essere Amy gli passò per la testa notando lo stile: maglietta enorme, jeans altrettanto larghi, polsi strapieni di bracciali tribali e unghie laccate di viola –Amy?- chiese sperando di non fare brutta figura. La mora si girò verso di lui. Sentì una terribile morsa allo stomaco appena vide quei diamanti posarsi su di lui.
-Tomi!- gli si buttò al collo, l’abbracciò imbarazzato, che diamine aveva fatto, aveva un viso totalmente diverso, era bellissima –Mamma mia che belli i dread!- iniziò a giocherellare con i capelli del ragazzo, le erano sempre piaciuti, li aveva accorciati ma stavano bene comunque.
Gli sorrise, questa volta non si coprì il sorriso, sfoggiandone uno meraviglioso, aveva ancora l’apparecchio ma era diverso, risaltava meno agli occhi, era proprio carina.
Rimase con la mascella leggermente abbassata, abbracciandola gli era sembrata anche più magra, ma non ne aveva la certezza, non l’aveva mai vista con qualcosa di aderente addosso.
-Che c’è? Sembra che hai visto un fantasma?- lo fece ritornare nel mondo emerso –So che sono orrenda però…- sorrise ancora, come diavolo faceva a vedersi brutta.
-Sempre con questa storia…- le diede una pacca sulla spalla, la pelle della ragazza era ambrata, l’abbronzatura le metteva in risalto le iridi azzurre, e i capelli sembravano di un puntino più chiari.
-Ehi Tom!- si girò e vide quello sgorbio di Eleonor, santo Iddio era strapiena di brufoli, sussultò appena, che cavolo era successo, quella che sembrava più carina era uno sgorbio e viceversa? A pensarci bene però Amy non era mai stata brutta, e adesso poteva benissimo essere classificata la più carina della classe secondo lui.
-Hei…- la salutò facendole un cenno con la mano, ritornando subito dalla mora.
-Dove siete stati questa estate?- le chiese rompendo il ghiaccio.
-In Italia, ah tieni!- si voltò di scatto verso lo zaino e cominciò a frugarvi dentro, alla fine estrasse un pacchettino blu –Lo preso per te! Ne uno pure per Bill, glielo darò alla ricreazione!- gli porse il pacchetto fra le mani, lo girò e rigirò un paio di volte fra le dita leggermente rovinate dalle corde della chitarra –Che aspetti, aprilo!- lo incitò, fremeva, come se non vedesse l’ora di sapere se il contenuto fosse stato di suo gradimento, in un certo senso anche se non sapeva ancora cosa ci fosse li dentro era già contento di suo, non si aspettava un regalo da Amy e questo gesto lo lusingò davvero tanto.
-Grazie, ma come mai?- le chiese arrossendo un po’.
-Avete fatto il compleanno no? Un regalo ci sta sempre!- di nuovo uno di quei sorrisi che avrebbe sciolto chiunque.
Ne era rimasto stregato, totalmente stregato, rimpianse il fatto però di essere fidanzato con Carolina, la loro compagna di classe. Era molto carina, biondina, occhi chiari, magra, molto magra, e un carattere adorabile.
Ma vedendo Amy sembrò pentirsene, adesso che era molto più bella il suo pensierino su di lei cambiò, prima s’immaginava solo una bella amicizia con lei, adesso immaginava lei che lo baciava e magari che si spingesse un po’ più in fondo. Non si gli sarebbe dispiaciuto, ne era attratto fisicamente, solo una cosa fisica non morale, non ne era innamorato, voleva solo “provare” con lei, anche se gli sembrò parecchio surreale loro due a letto.
Aprì il pacchettino e ne estrasse una fascia della Reebok nera con i bordi grigi, era bella.
-Grazie!- esultò, gli piaceva davvero tanto, non aveva mai pensato di comprarsene una.
-Con i dread ti sta benissimo!- le prese sfiorandogli le mani, gliela sistemò in testa coprendogli buona parte delle orecchie, gli fece portare indietro i dread, quanto era carino –Stai benissimo!- gli disse continuandogli a sistemare la fascia così che riuscisse a coprirgli anche i lobi delle orecchie.
-Sa tanto di punk a bestia- disse Eleonor osservando insistentemente il rasta.
-No, che dici, gli sta benissimo- Amy lo fisso dentro quelle iridi, era proprio bello con i capelli tirati indietro.
-Così non sembra più che hai un mocio in testa- Amy in quel minuto le avrebbe tappato volentieri la bocca, sempre che dovesse fare le sue battute ridicole per voler sembrare superiore.
-Ele vai a sederti!- le disse stringendo i pugni.
-Ma io non voglio sedermi- protestò lei, ma sembrò pentirsene quando vide la mora fissarla con sguardo assassino.
-Ho detto vai a sederti!- le ordinò quasi urlando, la vide annuire ripetutamente e andare a prendere posto –E di corsa!- sbuffò facendo alzare i ciuffetti di capelli più corti, ormai Eleonor sapeva che le conseguenze di una sfuriata dell’amica potevano essere disastrose, proprio l’estate appena passata le aveva quasi provate in prima persona.
Si voltò e vide il rasta ridacchiare divertito vedendo quella scena.
-A volte faccio sentire la mia autorità- disse gongolandosi, fece finta di spolverarsi, a pensarci bene Amy poteva sovrastare chiunque in quella scuola senza nessun diritto di replica, dopotutto aveva una forza fuori dal normale e poteva permettersi di prendersi gioco di tutti, ma intanto non mostrava la sua potenza al mondo intero e questo lo faceva pensare, si chiedeva perché una tanto forte, se ne facesse dire di tutti i colori senza reagire.
-Perché non la fai sentire sempre piuttosto?- le chiese sorridendo.
-Cioè?- non capì cosa volesse dire il ragazzino, lo guardo con fare interrogativo.
-Insomma, tu sei così forte e intanto non reagisci mai se qualcuno ti prende in giro anche malamente…- sgranò gli occhi in segno di approvazione, si schiarì la voce, assunse un atteggiamento da presentatrice dei documentari e partì.
-La calma è la virtù dei forti, non posso usare il judo con coloro che sono al di sotto delle mie potenzialità fisiche, solo un vigliacco lo farebbe…- spiegò con calma, dentro la mente del rasta comparve lui che si prendeva a bastonate, prima aveva pensato che se avesse avuto lui tutta quella forza avrebbe dominato tutta la scuola professori compresi, invece da una ragazza, per giunta più piccola, si sentiva fare questi discorsi, benedì la sua bocca per non aver parlato dei suoi pensieri -…Il judo vero e proprio posso usarlo solo in caso di difesa personale e verso gli altri, ma mai per attaccare la gente- unì le mani e fece un mezzo inchino –Saggezza Orientale!- lo diceva sempre Akiko, l’aiutante e figlia del suo Maestro, dopo che le spiegava tutte le regole della meditazione ed equilibrio fisico e spirituale.
-Wow…Ammirevole, se riesci a contenerti con Eleonor…- gli scappò un risolino, anche Amy rise, in effetti la rossa era proprio quella che riusciva a metterla sempre alla prova di più rispetto a tutti gli altri, quindi non riuscire a perdere la pazienza con lei era un vero traguardo.
-Ancora con lei ho qualche difficoltà ma tento di contenermi…- risero insieme, nello stesso tempo, entrò in classe Carolina, si diresse verso il rasta, salutò Amy e poi baciò sulle labbra il ragazzino, prima piano, poi sentì Tom insistere.
Davanti a quella scena Amy sgranò un po’ gli occhi, senza sapere il perché sentì uno strano fastidio all’altezza dello stomaco.
No,assolutamente, lei non era gelosa, non doveva esserlo, non era giustificabile una gelosia nei confronti del rasta, dopotutto a lei piaceva Mark, solo Mark e lui non c’entrava niente.
Sorrise nervosa, tornò al suo posto sperando non si notasse la sua strana e improvvisa rigidità.

***
-Ti piace?- gli chiese la mora mentre lo vedeva intento a scartare il proprio regalo, estrasse un bracciale in ferro che sembrava una catena argentata, Bill lo fissò entusiasta, gli piaceva davvero tanto, lo indossò immediatamente, gli stava parecchio largo, dopotutto i suoi polsi erano paragonabili quasi all’alluce delle mani di Amy.
-E’ bellissimo, grazie Amy!- il moro le diede un bacetto sulla guancia, Bill era sempre dolcissimo, lo avrebbe spupazzato volentieri di baci –Ma tu cosa hai fatto? Sei cambiata tantissimo- arrossì carezzandosi il collo, anche lui aveva notato quel bel cambiamento, era anche più alta, l’anno precedente sia lui che Tom la superavano, invece adesso era della loro stessa altezza, se non qualche centimetro in più.
-Non è vero..,Sono brutta…- si coprì il volto con le mani, Bill non potè fare a meno di notare le unghie lunghe e ben curate, lo smalto viola poi le stava davvero bene.
-Esagerata…- vide il moro zittirsi improvvisamente e fissare un punto proprio dietro di lei, si voltò, un’ondata di buon profumo le infettò le narici.
Clarisse Asburg era la ragazza più amata e temuta con lo stesso trasporto da tutti nella scuola, ovviamente solo Amy le era ostile.
Era così bella da mettere a disagio e a quattordici anni conosceva la vita meglio di tutte le sue coetanee.
Era il sogno di tutti i ragazzi, con un sorriso riusciva a ammaliare chiunque, tutto quello che desiderava lo aveva, non un difetto, non un’imperfezione e un carattere da stronza che la faceva amare ancora di più dai ragazzi.
Il sesso lo aveva provato, e anche più di una volta, e anche qualche droga che spesso le piaceva elencare.
Amy la trovava solo un intralcio, qualcosa che abbelliva la scuola, non che ne fosse invidiosa, ma spesso l’aveva insultata pesantemente e questo l’aveva portata ad odiarla sempre di più e con più convinzione.
Le passò vicino, spintonandola di proposito verso Bill, la sentì ridacchiare divertita, quella vocina stridula e insopportabile l’avrebbe fatta tacere per sempre con le sue manine “delicate”.
-Oh scusami Amy, non ti avevo vista- le disse con voce suadente, si posizionò davanti ai due con le mani su entrambi i fianchi, si portò indietro la folta chioma bionda mettendo in bella mostra le vistose forme perfette che madre natura le aveva regalato.
-Figurati…- rispose lei restando impassibile per il momento.
-Non volevo disturbare te e la tua ragazza- disse riferendosi a Bill, decisamente quella ragazza si andava cercando i guai, guardò il moro, ecco che in quel momento gli avrebbe dato tanti di quelli schiaffi, gli aveva appena dato della femmina e lui se ne stava fermo a fissarla imbambolato come se l’avesse nuda davanti.
-Lui è un ragazzo!- disse marcando particolarmente l’ultima parola, la mandava in bestia il fatto che dovessero dare della femmina a Bill solo perchè si truccasse, ma a quanto pare in questi casi a lui non dava tanto fastidio, e questo la mandava ancora più su di giri.
-Come no…Proverebbe a ribattere se avessi ragione tu, non credi?- ecco che in quel minuto mandò un’altra occhiata poco rassicurante al moro che sembrò non calcolarla minimamente.
-Se invece avessi ragione tu, non starebbe a sbavarti davanti, non credi?- ribattè lei facendole il verso, si mandarono un’occhiata di sfida, in entrambi i volti era dipinto un sorriso amaro.
Ma bisognava essere così stronze per essere amate da tutti? Certo che i maschi sono proprio impenetrabili, dovrebbero mettergli un libretto d’istruzioni non appena vengono al mondo.
-E poi vorrei darti un piccolo consiglio da amica…- e tutta questa confidenza da dove l’aveva presa? –Vedi darti una sistematina…Magari ti compri anche un apparecchio invisibile- le sorrise amaramente con la sua bocca perfetta, le avrebbe rotto volentieri tutti quei denti drittissimi uno per uno.
La calma è la virtù dei forti, continuava a ripersi in testa sperando che di non commettere qualche gesto involontario che l’avrebbe stesa per terra.
-Ti ringrazio ma non ho bisogno dei tuoi consigli da amica…- rispose cercando di sembrare meno acida possibile, anche se le risultò parecchio difficile.
-Più che altro non lo dico per te…E che rovini l’estetica della scuola così- la sentì sghignazzare divertita, respirò profondamente, non rispose, si limitò a lanciarle un’occhiata poco rassicurante, la vide girare i tacchi e andare via sculettando a destra e a manca.
-Puttana- borbottò, si voltò verso il moro che sembrava riprendersi dal suo stato momentaneo di trans, scosse il capo mandando gli occhi in cielo, tanto sapeva già che come risposta le avrebbe detto “è troppo bella per potersi opporre”.
-Siete ridicoli voi maschi- borbottò di nuovo, vide Bill fissarla con fare interrogativo, come per chiederle cosa avesse fatto in quel minuto. Poi sembrò realizzare il tutto vedendo la ragazza fare la linguaccia alle spalle di Clarisse, gli scappò un risolino, era al corrente che le due non andavano e non sarebbero mai andate d’accordo.
-Ma è così…- provò a dire.
-Lascia strare…- lo bloccò lei, non le andava proprio di ascoltare tutte le “lodi” della bionda. La campanella che segnava la fine dell’intervallo risuonò parecchie volte e tutti si recarono in classe.
Un primo giorno di scuola davvero particolare.




Spero vi piacciano, grazie per i bei commenti baci a tutte Adiiii

 
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view post Posted on 4/11/2009, 22:34

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ma è stupendo...
mi hai lasciata o______________________________o così!
continuaaaaaaaaaaaaaaaa
 
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ma è stupendo...
mi hai lasciata o______________________________o così!
continuaaaaaaaaaaaaaaaa

*O* che bello sapere che ti piace ^^ mi hai resa felice ^^ eccoti l'altro chappy




7
Da quando era ricominciata la scuola, per il povero Bill erano cominciate le persecuzioni.
Kirk e Erick, non perdevano occasione per deriderlo, picchiarlo o peggio, era la loro vittima preferita in assoluto, adesso che poi aveva adottato uno stile molto più “originale” rispetto agli altri, stavano facendo diventare la sua vita un vero calvario.
Quel giorno Tom era assente, aveva improvvisato un mal di pancia per evitarsi un’interrogazione in storia, senza suo fratello al suo fianco si sentiva totalmente perso, ovviamente non solo in quella situazione, Tomi, come lo apostrofavano lui ed Amy, era il suo punto di riferimento, non sarebbe riuscito ad immaginare la sua esistenza senza il fratello maggiore.
Era in ritardo tanto per cambiare, aveva perso l’autobus per l’ennesima volta a causa dei suoi ritardi accumulati davanti allo specchio, alle prese con matita, eye-liner e mascara.
Correva impaurito, il giardino era completamente vuoto, non c’erano nemmeno i bidelli, velocemente raggiunse l’edificio, deglutì a fatica prima di entrarvi dentro. Si guardò intorno, non vi era anima viva, chiuse il portone alle sue spalle e cominciò a camminare velocemente, cercava di non fare rumore, la paura di poterli incontrare lo pervadeva.
Svoltò l’angolo, la sua classe era alla fine del corridoio, solo pochi metri ed era salvo.
-Dove credi di andare?- sentì il sangue congelarsi, la voce di Kirk la conosceva fin troppo bene, per sua “fortuna” era da solo.
-I…in cla…classe…- rispose senza neanche voltarsi, fece per scappare ma si sentì afferrare per il giubbotto e farsi strattonare malamente.
-Dove credi di andare- lo bloccò al muro, sul suo volto era dipinto un ghigno malefico -Sei proprio carina oggi, sai?- gli disse ridacchiando compiaciuto, fece finta di mandargli un bacio.
Dentro di sé, sentiva una rabbia ceca, se avesse potuto lo avrebbe massacrato di botte, era solo un vigliacco, se la prendeva con lui solo perché era più debole, ma se le era fatte dare anche da Amy.
-Non sono una femmina!- rispose deciso, perfetto, erano botte assicurate! A volte non riusciva a frenare il suo orgoglio, e si maledì per questo.
-Giusto hai ragione…sei frocio!- continuando a sorridergli amaramente, chiuse gli occhi, si aspettò un pugno o qualcosa del genere ma invece:
-Sei un vigliacco!- i due si girarono e videro una ragazza bionda venir loro incontro –Stupido prenditela con qualcuno della tua stazza!- la biondina gli si parò davanti, era determinata, non l’aveva mai vista.
-Tu sei la sua balia?- le domandò lasciando perdere il moro, lo lasciò cadere per terra.
-No ma lascialo stare o…- gli sembrò di vederla in difficoltà -…Inizio a gridare e usciranno tutti!- il ragazzo lasciò perdere Bill, dirigendosi verso la biondina con fare determinato, che vigliacco, faceva lo spavaldo anche con le ragazze indifese:
-Stai giocando col fuoco- le disse ghignando, la spintonò indietro, le sussurrò qualcosa all’orecchio.
-Non dovevi picchiare me? Lasciala stare!- gli urlò improvvisamente, quel ragazzo se le cercava proprio, ora lo avrebbe massacrato, forza e coraggio, almeno per quel giorno lo avrebbero lasciato libero.
Kirk gli si avvicinò afferrandolo per la felpa –Facciamo gli spavaldi davanti alle belle ragazze eh?- stava per mollargli un pugno allo stomaco, quando per sua fortuna, suonò la campanella della seconda ora.
Il ragazzo fu costretto a lasciarlo cadere per terra, non poteva picchiarlo davanti a tutti.
Anzi fece finta di aiutarlo ad alzarsi da terra.
-Oggi alla ricreazione ti disintegro- gli sussurrò mentre lo “aiutava” a rimettersi in piedi.
Bill deglutì a fatica, si voltò verso la ragazza che lo aveva salvato -Grazie- le disse timidamente.
-Figurati… mi infastidisce che deve prendersela con i più deboli- si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
-Lo conosci?- le chiese curioso.
-E’ mio fratello, purtroppo…- fece un sospiro di rassegnazione -…Piacere Ina- gli tese la mano.
-Bill- le strinse la mano, non potendo non notare le belle unghie limate.
-Ti ha già picchiato altre volte?- gli chiese con un filo d’imbarazzo, immaginò non fosse tanto bello andarsi a scusare con tutti ogni qualvolta suo fratello li picchiasse.
-Si ma… diciamo che ormai ci ho quasi preso l’abitudine- si accarezzò il collo imbarazzato, per un attimo immaginò lei che sgridava a suo fratello, avrebbe pagato per vedere uno spettacolo simile -Devo entrare in classe!- le disse rosso in viso.
Gli sorrise dolcemente, era così semplice e carina, come poteva essere la sorella di un balordo simile? Erano troppo diversi, una creatura così dolce e innocente non meritava una larva di fratello.
-Ci vediamo!- gli fece un cenno con la mano ed entrò nella classe accanto alla sua.

La campanella che poco prima lo aveva salvato, adesso avrebbe segnato l’ora della sua morte, o della sua paralisi totale degli arti.
Sembrava che quei due ne sentissero l’odore anche a km di distanza.
Doveva andare da Amy, con Amy vicino, non l’avrebbero neanche considerato…forse.
Cominciò a correre come un matto verso la classe della moretta, sperando con tutto se stesso che non fosse già uscita. Ma in classe trovò solo Ariel, Lucy ed Eleonor –Dov’è Amy?- chiese loro col fiatone.
-E’ andata a prendersi una bottiglia d’acqua!- lo informò Ariel addentando un sandwich, benissimo, e adesso? L’avrebbero preso per matto se avesse chiesto di restare con loro, ma non voleva neanche andare da solo.
-O…Ok…- uscì dall’aula, ma sentì Lucy chiamarlo più volte –Si…- le disse cortesemente.
-Potresti accompagnarmi da Amy?- la ragazza si sistemò i capelli dietro le orecchie, aveva degli occhi bellissimi, peccato che non funzionassero, Lucy dalla nascita era sempre stata abituata all’idea del buio, ma ormai non ci faceva più caso, non era più un peso, Amy stessa era stata a non farglielo pesare, per lei Amy era un punto di riferimento.
-Certo, andiamo!- la ragazza uscì il suo fedele bastone bianco per evitare qualche capitombolo e si lasciò guidare dal moretto.
Raggiunsero la macchinetta ma Amy non c’era, gli morì il cuore ma cercò di sembrare tranquillo.
-La vedi?- gli chiese la ragazza. Bill scosse il capo, dimenticandosi accidentalmente che Lucy non poteva vederlo –Bill?- chiese nuovamente lei, immaginò che avesse dimenticato il suo piccolo problema.
-Ehm…No…No…Non la vedo…- sentì le guance accaldate, Lucy lo aveva capito e questo non potò che farlo imbarazzare ancora di più.
Dove diavolo si era cacciata Amy questa volta?
Fatto sta che Kirk e Erick li stavano raggiungendo e le cose si sarebbero messe davvero male.
-Stanno arrivando!- le bisbigliò facendola sobbalzare dallo spavento.
Ecco, erano questi i difetti dell’essere non vedente: se qualcuno arriva all’improvviso e richiama la tua attenzione mentre sei distratto, rischi un serio infarto.
-Giorno Kaulitz come va la vita?- lo stuzzicò Erick ghignando, si misero davanti ai due impedendo loro la fuga -Guardalo è in compagnia della sua comare zoppa- disse riferendosi al bastone di Lucy.
-Io non sono zoppa!- tuonò la mora irritata da quella “similitudine”, avrebbe voluto sbattergli il bastone in faccia. Dopotutto solo la sua classe era al corrente del fatto che lei non vedesse, anche perché se non lo avesse detto lei, difficilmente si sarebbe notato perché compieva gesti decisi quando camminava, o mentre che parlava con qualcuno lo guardava in viso.
-E il bastone lo tieni per ballare il jazz- cercò di imitare a modo suo le ballerine di jazz, provocando varie risatine da schermo, gli unici a rimanere seri erano Lucy e Bill.
Il moretto le prese la mano stringendogliela, come per darle forza, anche se non servì a molto dato che entrambi tremavano dalla paura.
-Oddio Kaulitz- imitando un voce stridula Kirk –oggi sei magnifica… vieni a letto con me!- si avvicinò pericolosamente al moro.
-No con me!- aggiunse l’altro imbecille, tutti gli altri ridevano, sembravano divertiti, in quel minuto Bill si chiese cosa ci fosse di tanto divertente nel vedere due persone, tra cui una ragazza non vedente, presi pesantemente in giro da due idioti che sembrava non avessero altro da fare in quel momento.
Kirk lo spintonò sul muro -Se ci provi con mia sorella sei morto!- gli disse afferrandolo per la felpa, sentì tutte le vertebre sbattere violentemente nella parete.
Erick rubò il bastone a Lucy.
-Dammelo idiota!!!- urlò, cercò di prenderlo ascoltando i passi del ragazzo, ma quello sbruffone sin andava allontanando ogni qualvolta lei si avvicinasse.
-Se no che fai piangi?- la canzonò ghignando. La cosa che più la mandava in bestia era sicuramente la vigliaccheria degli altri spettatori, che non fiatavano davanti a quei due gradassi.
Si sentiva umiliata e imbarazzata, era come se fosse nuda, senza il suo bastone, ma di certo non gli avrebbe dato la soddisfazione di piangergli davanti, non a loro
-Dalle il bastone!!!- quando sentirono quella voce, Bill e Lucy sospirarono sollevati,Amy prese Erick per il collo, costringendolo a dare il bastone all’amica, gli conficcò le unghie nella pelle, se lo meritava, lui Lucy non doveva nemmeno sfiorarla.
-Nessuno ti ha insegnato che Lucy non devi neanche sfiorarla con una margherita?- lo scaraventò per terra malamente poggiandogli un piede sullo stomaco –Ti conviene non costringermi a farlo!- gli disse sorridendo appena,lo fulminò con gli occhi.
Kirk era rimasto impotente, cercò di scappare ma qualcosa lo trattenne, vide Bill con un ghigno dipinto sul volto che lo teneva stretto per un buco nel maglione, in poche parole era fregato.
-Amore cosa ti ha fatto?- le chiese preoccupata Amy, guardò per bene il viso dell’amica alla ricerca di qualche graffio incriminato, se lo avesse trovato sarebbero stato guai seri per quei due, nemmeno una sospensione l’avrebbe aiutata.
-Quello mi ha rubato il bastone e l’altro stava picchiando Bill- Amy si voltò verso il moretto che la guardava un po’ scosso. Si fiondò su di lui.
-Bibi tutto a posto?- gli chiese preoccupata.
-Insomma…- lo aiutò a rialzarsi, lanciando un’occhiata poco rassicurante a Kirk.
-Mi sa che anche tu hai bisogno di un ripasso delle regole…- battè più volte il pugno destro sul palmo della mano sinistra in segno di lotta, se avesse capitato Bill da solo dire che l’avrebbe disintegrato era niente.
-Amy ti prego lascialo stare!- Ina la fermò appena in tempo – A casa avrà la sua lezione- poggiò una mano sul petto del fratello maggiore, gesto che venne reciso malamente, scappò via sotto gli sguardi curiosi di tutti.
La moretta fece una smorfia dirigendosi verso l’amica e il moro.
-State bene?- chiese loro Ina –Mi dispiace che faccia così…- si sentiva in tremendo imbarazzo, era la sorella del pericolo della scuola non era molto bello, se poi tu eri classificata fra le nullità della scuola.
-Ormai ci abbiamo fatto l’abitudine- le rispose Lucy rifugiandosi tra le braccia di Amy, si strinse forte a lei, come se avesse trovato riparo da una tempesta, si sentiva al sicuro.
-Bill ti ha fatto male?- la biondina gli prese il viso fra le mani, il moro scosse il capo, la guardò meglio in viso quegli occhietti azzurri erano davvero belli.
-Vi conoscete?- chiese Amy, si era persa qualcosa.
-Da questa mattina- rispose entusiasta lui -Perché voi due vi conoscete?- chiese poi incuriosito.
-Lei fa danza contemporanea nella stessa scuola dove io faccio judo- spiegò Amy sorridendo alla biondina.
Per quella volta ne era uscito vivo, con tutti gli arti funzionanti, e un’amica in più.



Spero piaccia anche questo, baciii <3333
 
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view post Posted on 8/11/2009, 17:58

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Spero piaccia anche questo, baciii <3333

certo che mi piace!
sei molto brava a scrivere sai??
 
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12 replies since 30/9/2009, 13:28   1157 views
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