Es tut wieder weh.

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…UnendLichkeit
view post Posted on 1/7/2010, 19:57




Titolo: Es tut wieder weh.
Autore: …Unendlichkeit.
Genere: OOC, Au, Twc not related.

Bill Kaulitz: verità o apparenza? C’era una sola persona capace di metterlo a nudo. Quella persona era Tom Trümper.




Riassunto: Sentiva di odiarlo, anche se non gli aveva fatto niente. Ma quando mai c’era stato un motivo valido per essere odiati da Bill Kaulitz?

1.



<quando torno, non voglio trovarti qui!>

Bill uscì sbattendo la porta. Sentiva ancora la voce di sua madre urlare ma non le diede retta. Ormai, era sempre così. Se n’era andato di casa a 17 anni, eppure lei era sempre lì, a ricordargli quanto fosse sbagliato il suo atteggiamento, a ricordargli quanto facesse schifo la sua vita da emarginato sociale e a ricordargli che un tempo lui non era così. “Tante grazie, questo lo sapevo già” pensava, mentre camminando calciava via i sassi che si trovava davanti. In fondo, non era poi così tanto emarginato. Aveva la sua band, i Tokio Hotel, ed erano anche abbastanza famosi in Germania. E la cosa “più importante” era che aveva persone che lo idolatravano come fosse un dio dell’ Olimpo. Un sorriso maligno si formò sul suo bel viso ripensando a questo; gli piaceva essere rispettato e temuto. Erano anni che si divertiva a torturare gli indifesi; in un certo senso sfogava la sua frustrazione su di loro. E quando qualcuno gli veniva a dire che stava sbagliando, non esitava a mettergli le mani addosso. Non gli si poteva dire niente. Anche i professori lo temevano, a tal punto che Bill si ritrovava promosso senza aver fatto un emerito cazzo tutto l’anno, anche se in prima l’avevano bocciato, insieme a tutta la band. E fu lì che conobbero di cosa Kaulitz era capace. I cancelli del liceo erano già aperti quando, svoltato l’ultimo angolo, arrivò. Si fermò e lanciò un’occhiata intorno. Tutti lo fissavano col fiato sospeso; poteva sentire il terrore vibrare nell’aria e dei “Bill Kaulitz è arrivato” sollevarsi intorno a lui come tanti bisbigli. Sorrise di nuovo, quel suo terribile sorriso capace di far crollare le ginocchia anche ad Hulk. Camminò sicuro di se, apparentemente incurante degli sguardi degli altri, e si avviò verso i quattro gradini bianco sporco che portavano all’entrata. <bill, hey Bill> sentì urlare dietro di lui. Si fermò senza girarsi e in due secondi un ragazzo dai lunghi capelli biondi, poco più basso di lui ma decisamente più muscoloso, si fermò piegato in due, ansimando. <ti sto rincorrendo da mezz’ora, non mi hai sentito?>, era ancora piegato e aveva parlato tutto di un fiato. Quello era Andreas, il suo chitarrista. Bill lo fissò con il sopracciglio alzato - era un tratto distintivo del ragazzo – e scosse un po’ la testa ravvivando la sua lunga chioma nera. <ero sovrappensiero, Andreas> gli disse con tono di sufficienza. Era il tono che usava praticamente con tutti, forse perché non credeva che sulla Terra ci fosse almeno una sola persona che meritasse il suo rispetto o la sua attenzione. Roteò gli occhi in un’espressione seccata e lasciò Andreas lì ancora ansimante mentre entrava nell’edificio. <bill!> lo richiamò il ragazzo. <che cazzo vuoi, Andreas?> sbottò il moro, stava già perdendo la sua razione quotidiana di pazienza. Andreas alzò lo sguardo verso gli occhi magnetici e rigorosamente truccati di Bill, e li riabbassò subito. Sapeva che nessuno poteva guardarlo negli occhi più di due secondi, se non voleva scatenare l’ira di Zeus. Bill si mise una mano sul fianco sottile, seccato. Andreas era quello che del gruppo lo faceva andare più facilmente sui nervi. Era il più lecchino che gli era capitato in tutta la sua vita. <volevo chiederti come stai oggi, capo?>. Il moro lo guardò di sottecchi, e poté sentire Andreas deglutire. Non era in vena di picchiare qualcuno quel giorno. <sto bene> disse sbrigativo, poi si avviò verso l’aula con Andreas che lo seguiva in silenzio. In classe c’erano già delle persone, che appena lo videro arrivare zittirono. Li ignorò completamente e si andò a sedere all’ultimo banco. Chi faceva parte della sua classe sapeva che quel posto non doveva essere minimamente toccato, quindi gli altri per non tornare a casa con costole rotte, facevano in modo di lasciarglielo libero. Quando si accorsero che il pericolo era scampato e che Bill e il suo scagnozzo erano ormai seduti senza aver ucciso nessuno, ripresero a chiacchierare. A Bill andava bene, il silenzio degli altri a volte lo irritava. Lo faceva sentire al centro dell’attenzione, e a volte non andava poi così bene. <hei, Bill!> tre ragazzi entrarono in aula e raggiunsero direttamente il moro. Bill alzò il pugno e gli altri tre vi batterono il proprio contro, uno alla volta. Quelli erano Gustav, Georg e Sebastian. I primi due facevano parte della band, Sebastian era solo il fratello di Andreas, di un anno più piccolo. Dell’intero gruppo però Gustav era quello con la testa sulle spalle. Non picchiava nessuno ed era l’unico che si permetteva di dare consigli a Bill, a volte beccandosi un pugno sul naso per averlo fatto. Lui sapeva che in fondo Bill non era cattivo, o almeno così credeva, era soltanto tremendamente triste e solo, e soprattutto aveva qualcosa alle spalle che lo aveva fatto cambiare generando in lui quel senso di avversione per il mondo. Si sedettero ai soliti posti, avevano preso a chiacchierare e a prendere di mira qualche innocente malcapitato, mentre Bill osservava una nuvola scura avvicinarsi lentamente da dietro un palazzo. Si sentiva stanco, e privo di stimoli. Aveva torturato tutti in quella scuola, ormai non c’era niente da fare. Non si accorse che due occhi scuri, color nocciola, si erano fermati su di lui. Quasi come se ne fosse chiamato dalla loro forza, si voltò verso la porta. Un ragazzo alto, con un pantalone tre volte più grande di lui e una lunga maglia XXL era fermo sulla soglia. Si guardava intorno spaesato, e aveva tra le mani quella che sembrava essere la mappa della scuola. Si drizzò sulla sedia, interessato. Il nuovo arrivato si avvicinò, sicuro di se. <e’ libero?> chiese, indicando il banco vuoto avanti a Bill. Il moro sorrise e poté vedere un accenno di spavento nello sguardo del ragazzo. Funzionava proprio su tutti. <se vuoi morire> gli disse, abbattendosi di nuovo contro lo schienale della sedia. Sentiva di odiarlo, anche se non gli aveva fatto niente. Ma quando mai c’era stato un motivo valido per essere odiati da Bill Kaulitz? <correrò il rischio> risposte indifferente il ragazzo, sedendosi. Georg si voltò a guardare Bill, e l’asticella della sigaretta stretta tra le labbra cadde sul banco. Calò un’innaturale silenzio. Sembrava che tutti avessero paura anche solo di respirare. I ragazzi poterono vedere gli occhi del moro lampeggiare come se un fulmine li avesse attraversati. Bill scattò e si sporse in avanti afferrando con violenza le treccine nere del ragazzo, che emise un gemito di dolore. <stammi a sentire brutto stronzo, non ti rivolgere mai più a me in questo modo, se vuoi salvo il culo!>. Tirò le sue treccine facendolo gemere di dolore ancora una volta, poi lo lasciò andare con una spinta e tornò a sedersi. Gustav sbuffò, e Bill lo guardò di sbieco. Sapeva che stava pensando. E non gli importava. Lui era il capo, lui poteva fare quello che voleva a chi voleva. E quello lì avanti, che se n’era stato immobile per tutto il tempo, gli urtava i nervi. Aveva osato rispondere. Si era cacciato nei guai da solo. Georg si alzò e andò a sedersi sul banco del nuovo arrivato. Gli alzò il viso per farsi guardare. <allora, come ti chiami, tesoro?> disse facendo scoppiare a ridere Sebastian e Andreas. Il ragazzo deglutì prima di rispondere <tom Trümper>. <trümper, sai che ti sei cacciato in un bel pasticcio?> rise. Tom lo guardava sconcertato. Non gli era mai capitata una cosa del genere, nella vecchia scuola era lui il bullo, era lui quello che torturava gli altri e ora sembrava proprio che la vittima fosse lui. Gli avevano detto di non rispondere a Bill Kaulitz, appena era arrivato, ma lo aveva fatto lo stesso, pensando che esagerassero su di lui. Invece, sembrava essere tutto vero. <hai fatto incazzare il capo..> disse incenerendolo con lo sguardo, facendogli capire che non l’avrebbe passata liscia. Maledì la sua lingua lunga. Georg prese la mappa che Tom stava fissando per non guardarlo in viso e se la rigirò tra le mani. <uh, guardate, ha paura di perdersi> scoppiò a ridere con la sua voce rauca e la strappò, con quanta foga aveva in corpo. <listing, torna a posto> disse la voce del professore in quel momento. Georg guardò Tom in cagnesco e si andò a sedere. Il ragazzo sospirò, pensando di esserla cavata con quello, almeno per il momento.


**




La campana era appena suonata e Tom mise di fretta e furia le cose nella sua cartella. Quello era solo il primo giorno di scuola. Come avrebbe fatto a passare un anno intero in quel modo? Per tutta la lezione gli avevano tirato le treccine, gli avevano dato calci negli stinchi, e buttato lo zaino a destra e a sinistra facendo cadere tutto a terra. Lo avevano preso in giro continuamente, e non riusciva a capire bene il perché. Ok, aveva risposto al “capo”, ma non gli sembrava un buon motivo per meritarsi tutto quello. Era andato lì perché era stato cacciato dalla sua vecchia scuola, dopo essere stato bocciato, ed ora voleva solo arrivare ad avere quel fottutissimo diploma, per poi viaggiare per il mondo con la sua chitarra, e creare la sua band, se fosse stato possibile. Si guardò intorno furtivo, sperando di passare inosservato, e uscì. Nella fretta di scappare via da quel posto andò a sbattere contro qualcuno. <ahi..> una ragazza dai capelli rosso rame si massaggiò la spalla lussata. <oh, mi dispiace non ti ho proprio vista> si scusò Tom, raccogliendole la borsa che le aveva fatto cadere. <non ti preoccupare> gli sorrise alzando lo sguardo verso di lui. Notò quanto fosse carino, il viso fine e un po’ rotondetto, due grandi occhi nocciola e il piercing al labbro. Tom sorrise di rimando, poi le porse la mano. <io sono Tom>. < Jessica, piacere> gli disse, accettando la mano e stringendola. Tom sorrise di nuovo. Era proprio carina, peccato per i capelli rossi.. <cosa cazzo stai facendo, Trümper?>, una voce lo bloccò. L’aveva sentita solo una volta quella mattina, ma la riconosceva perfettamente. Si voltò e Bill era lì, da solo. <mi stava aiutando a raccogliere le mie cose> rispose la ragazza al posto di Tom. Non conosceva davvero bene Bill, c’erano molte cose di lui che non sapeva, ma lo amava incondizionatamente, e non riusciva a spiegarsi il perché. Sarà stata la sua personalità misteriosa ad averla incantata, oppure il suo aspetto da bello e dannato, ma lo amava. Non conosceva bene la sua vita si, ma sapeva cosa era capace di fare. Bill aveva picchiato a sangue persone solo per il puro piacere di farlo, e a volte l’aveva fatto anche avanti a lei. Sapeva essere spietato, e non osava immaginare cosa avrebbe fatto se l’avessero fatto incazzare sul serio. E Tom gli sembrava un bravo ragazzo, non meritava di tornare a casa senza un dente. <vuoi seriamente morire, Trümper?> domandò minaccioso, gli occhi marrone scuro ridotti a due fessure. Tom deglutì di nuovo, non voleva fare la figura dell’idiota cagasotto avanti a Jessica, ma non voleva nemmeno tornare a casa con le costole dimezzate. E poi aveva capito che c’era qualcosa tra i due, per cui.. <stavo.. stavo andando via> disse, rimettendosi lo zaino in spalla e facendo come per andarsene. Bill lo fermò prendendogli una spalla e Tom si meravigliò di quanta forza avesse quel corpo così gracilino. <credi di cavartela così? Non stavi forse facendo il cascamorto con la mia ragazza?> domandò, ancora con quel tono omicida nella voce. Jessica prese una mano di Bill e lo tirò con forza. <non ci stava provando, è solo stato gentile, dai andiamo adesso..>. Bill con uno strattone si liberò dalla presa della ragazza e si fiondò su Tom. Aveva quell’espressione così strafottente che lo urtava sul serio. Mollò un pugno, colpendolo allo stomaco. Tom tossì gemendo, ripiegandosi su se stesso, e lo zaino ricadde di nuovo dalla sua spalla. <bill, cazzo, lascialo in pace, non ha fatto niente> Jessica lo afferrò di nuovo per le braccia e questa volta il moro si lasciò trascinare. Avvolse le spalle di Jessica con un braccio e si voltò indietro a guardare Tom, che tentava di rimettersi in piedi, appoggiandosi al muro dietro di lui. <non finisce qui Trümper, sei la mia nuova vittima!>


**




Tom chiuse la porta e lasciò un sospiro. Finalmente era a casa. Doveva ringraziare il cielo che Bill Kaulitz non l’avesse pestato a sangue, ma il dolore allo stomaco gli ricordava che quello era solo il primo giorno di scuola. Si passò una mano sull’addome e andò in cucina. Quella casa era sempre un disastro da quando i suoi erano morti. Non sapeva fare nulla, a parte riscaldare cibo precotto. E da quando si era lasciato con Jennifer le cose andavano peggio. Si, l’aveva lasciata lui perché era troppo appiccicosa - tutte tette e niente cervello - ma almeno gli teneva la casa ordinata. Raccolse due scatoli di pizza e un paio di bottiglie di birra e le gettò in una busta nera. Gironzolò per la casa cercando di rimettere a posto quanto più poteva, ma poi la Gibson chiamò la sua attenzione. Era stato l’ultimo regalo di suo padre, ci teneva tantissimo. Guardò l’orologio; mancava solo un’ora, poi sarebbe dovuto correre a lavoro. Si era dato da fare per trovare un posto soddisfacente, e quello sarebbe stato il suo primo giorno. In qualche modo doveva pur mantenersi, non poteva sperperare tutti gli averi che i genitori gli avevano lasciato. Quelli li avrebbe usati per i grandi progetti, tipo un viaggio. I soldi che avrebbe guadagnato in quel supermercato potevano bastare per le cose essenziali. Prese la Gibson, la scrutò come se fosse un intenditore di pezzi da collezione e sospirò. La sapeva suonare eccome, solo che mancava una band. Ma non aveva amici, e probabilmente non se li sarebbe mai fatti. Digrignò i denti preso dalla rabbia. Perché quell’infame di Bill Kaulitz doveva avere una band e lui no? Kaulitz non se lo meritava davvero. Era una persona meschina, cattiva, e senza un briciolo di anima. E pensava che non si meritasse nemmeno l’amore di Jessica. Non meritava NIENTE, era questo il punto. Posò la chitarra e prese la sua felpa, poi uscì. L’aria era già fresca, sebbene fossero solo i primi giorni di settembre. Ma in Germania era inverno ancor prima di dire la parola “estate”. Sprofondò le mani in tasca, e si incamminò verso il supermercato. Non era molto lontano, era inutile prendere l’auto. Camminò per un po’ preso dai pensieri, e non si accorse di chi c’era avanti a lui. <trümper!> si sentì chiamare e il sangue ghiacciò nelle vene. Quando si sentiva chiamare per cognome tremava. Alzò lo sguardo e sgranò gli occhi. Un ragazzo alto, ma non più di lui, dal fisico asciutto e i lunghi capelli neri e rossi e con una moltitudine di piercing sul bel viso, era lì fermo avanti a lui. <hannes!> urlò, correndo incontro all’amico. Fecero scontrare le nocche delle loro mani, poi le batterono sui loro petti, prima di abbracciarsi. <non ti avevo proprio visto!>. <ho notato> ridacchiò Hannes, affondando di nuovo le mani nelle tasche del giubotto di pelle. Hannes era il suo migliore amico. Erano praticamente cresciuti insieme. Ne avevano combinate di tutti i colori quando andavano a scuola, ma poi Tom era stato bocciato. Era stato anche grazie a lui che Tom aveva trovato quel lavoro. I due si incamminarono verso il supermercato, raccontandosi cosa era successo quel giorno. <oh, Bill Kaulitz!> mormorò Hannes. Anche lui conosceva la fama da bastardo del cantante dei Tokio Hotel, e non era molto contento del fatto che l’amico fosse la sua nuova vittima. Tom scrollò le spalle, dopo avergli raccontato tutto. <vuoi che faccia qualcosa?> gli chiese, con tono serio. Tom sapeva che Hannes si sarebbe buttato nel fuoco per lui. Era l’unico che gli era stato vicino quando i suoi genitori erano morti su quella maledettissima nave da crociera, era l’unico che l’aveva sempre sostenuto, che aveva fatto a botte per difenderlo. Se lo ricordava ogni volta che lo guardava in viso. Hannes aveva una cicatrice sotto l’occhio. E si ricordava perfettamente come se la fosse procurata. Lasciò perdere i ricordi e rispose all’amico <non ti preoccupare, cercherò di stargli il più lontano possibile>. <ok, adesso muoviamoci se non vogliamo essere cacciati il primo giorno di lavoro!>.


**




Bill si guardò intorno e il suo sguardo cadde sull’orologio. Erano le 20.00. Aveva una fame da lupi, e Jessica era andata a casa di un’amica e probabilmente non sarebbe passata da lui. Poco male. Lui non l’amava davvero. Bill Kaulitz non amava, in verità. Stava con lei perché.. Perché gli andava. Aprì distratto il frigorifero e rimase deluso. C’erano solo birre. Doveva assolutamente andare a fare la spesa. Maledì sua madre per essere passata quella mattina solo per fargli una paternale, senza avergli portato qualcosa da mangiare. Prese una Heineken e chiuse il frigo violentemente, tanto che la bottiglia vuota che c’era sopra cadde e si frantumò in mille pezzi. <cazzo> mormorò, scocciato. Spense la luce e si buttò sul divano, con la birra in mano. In tv non davano niente, ovvio. David non si faceva sentire da una settimana, e la band era in “pausa di riflessione”. Non aveva più ispirazione, da quando i suoi sentimenti erano cambiati. Da quando era diventato quello che era adesso. Niente lo toccava, niente per cui valesse la pena farci una canzone. In effetti se non provi più sentimenti, come puoi scrivere canzoni? Sbuffò scocciato, si sarebbe limitato a cantare quelle che gli davano le case discografiche, tanto qual’era il problema? L’importante era che fosse diventato famoso e avesse fatto una marea di soldi. Perché si, lui era un fottuto viziato. Se voleva qualcosa, doveva averla. Anche a costo di uccidere. Spense la tv e lanciò il telecomando dall’altro lato del divano e si alzò, dirigendosi al piano di sopra. Aprì la porta e una puzza di fumo e birra invase le sue narici. Si era dimenticato di aprire le finestre, e gli odori della serata prima erano ancora tutti lì. Prese la sua collezione di DVD e scese al piano di sotto. Non c’era molta scelta. Lui amava gli horror. Prese un film a caso e lo mise nel lettore, stravaccandosi sul divano. Una musica tetra e macchie di sangue invasero lo schermo provocando un sorriso compiaciuto sul suo viso. Era un sadico, glielo dicevano tutti. Anche Jessica. Era così violento anche quando facevano sesso, che si ritrovava dei lividi su tutto il corpo. A volte si ritrovava anche la forma dei denti di Bill sulla pelle. Sorrise nervoso. Aveva voglia di sfogare la rabbia che Tom Trümper aveva acceso in lui e voleva sfogarla su di lei. “Tom Trümper , quel fighetto del cazzo.” Forse era proprio quell’essere fighetto che l’ urtava. Prima che arrivasse lui era chiaro che non aveva rivali. Era lui il più bello, lo era sempre stato. Ora invece c’era Trümper, e i mormorii che aveva sentito uscire dalle bocche delle ragazze della scuola quando lui era passato per il corridoio lo avevano fatto imbestialire. Doveva pagarla. Nessuno doveva mettersi tra Bill Kaulitz e la sua popolarità, nessuno. Nemmeno quel fighetto di Trümper.
 
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Robil<3
view post Posted on 1/7/2010, 20:05




AAAAAAAAAAAAAAAAH.
E' bellissimo vederla qui *-*
Sai già cosa penso.♥
 
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view post Posted on 1/7/2010, 20:08
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Veramente stupenda *-*
 
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…UnendLichkeit
view post Posted on 1/7/2010, 20:10




Si, Amora. Lo so :D

CITAZIONE (~ Kikka @ 1/7/2010, 21:08)
Veramente stupenda *-*

Grazie Kikka, mi fa piacere avere un parere esterno. ♥
 
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view post Posted on 1/7/2010, 20:13
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Uh ma figurati a me piacciono da morire le Ff così ù__ù
 
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…UnendLichkeit
view post Posted on 1/7/2010, 20:27




:D Mi fa piacere *O*
 
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Black Diamond
view post Posted on 3/7/2010, 00:03




Eccola!! *_* Finalmenteee
Sai della mia scarsa propensione al twincest, ma questa ff l'adoro!
Solo che uffi, essendo più avanti con i chappy, dovrò aspettare ancora un pò per delle novità...attendero image
 
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…UnendLichkeit
view post Posted on 3/7/2010, 00:10




*_* Si, attendi. Attendi perchè non so proprio come iniziare a scrivere il continuo xD ù.ù
 
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luna1997
view post Posted on 21/4/2013, 13:05




è stupenda, dovresti continuare
 
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8 replies since 1/7/2010, 19:57   210 views
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